Archive for Rassegna stampa specifica

NUOVO REFERENDUM ABROGATIVO IN MATERIA DI ABORTO : L. 194 E LA STERILE PROBLEMATICA DELLA CAPACITA’ GIURIDICA DEL CONCEPITO ( ART. 1 C.C. )

Debbo , in primo luogo , ringraziare tutti coloro che , dal 12-1-2011 , giorno a partire dal quale mi occupo personalmente anche dei rapporti con i neoiscritti , stanno aderendo all’iniziativa neoreferendaria sul sito www.no194.org ( sotto “ Aderisci ! “ ) , ricevendo risposta dal sottoscritto entro 24-48 ore dall’invio della loro mail .
Adesioni che giungono in numero davvero notevole ( mediamente 3 al giorno ) e che mi auguro possano crescere ulteriormente , al fine di consentirci il raggiungimento dell’obiettivo che mi sono posto ( mille entro fine luglio ) .
In caso contrario , comunque ed ovviamente , l’iniziativa procederà ad oltranza seguendo il suo corso normale .
Il tutto in conformità con le accorate esortazioni a non desistere dall’azione intrapresa contenute nelle mail che vengono inviate .
Un’azione diretta a travolgere la vigente legislazione abortista , che la classe parlamentare ha partorito nel lontano 1978 e che ha difeso nel corso di questi 33 anni , mostrando una grossa sensibilità verso gli interessi di comodo degli elettori , dal cui consenso essa dipende , e nessuna sensibilità verso gli interessi vitali dai concepiti , che elettori non sono .
Ed un’azione che viene esercitata nella consapevolezza che la via referendaria rappresenta l’unica praticabile nel nostro ordinamento giuridico , proprio alla luce della assoluta indifferenza del potere legislativo verso le istanze dei concepiti , vale a dire di coloro che sono fisiologicamente i più indifesi .
Tale consapevolezza non è percepita da coloro che preferiscono impegnarsi in operazioni sicuramente interessanti e condivisibili nel merito , ma poco più che simboliche , quindi gradite a quella parte del mondo politico-parlamentare interessata ad ottenere voti di area cattolica ispirati alla logica del meno peggio , senza far nulla di concreto ( e , quindi , di rilevante ) che possa realmente indisporre la parte rimanente del corpo elettorale e precludere utilissime preferenze .
Nel novero delle operazioni simboliche ed irrilevanti in materia di aborto rientra quella che ha per oggetto l’ipotetica estensione della capacità giuridica al concepito .
Estensione , tra l’altro e decisivamente , quanto mai ipotetica , in quanto dovrebbe realizzarsi nel medesimo ambito parlamentare , quindi assolutamente impraticabile , come evidente agli occhi di chiunque non creda nelle favole .
L’art. 1 del nostro c.c. dispone che “ la capacità giuridica si acquista dal momento della nascita “ e che “ i diritti che la legge riconosce a favore del concepito sono subordinati all’evento della nascita “ .
Orbene , da un ventennio sono stati presentati diversi disegni di legge finalizzati all’affermazione del sacrosanto principio della tutela dell’embrione umano dal momento della fecondazione ed a riconoscere allo stesso capacità giuridica .
Un riconoscimento , peraltro , che , nell’ambito del solo diritto internazionale , si evince già , ad esempio , dall’art. 2 della convenzione europea dei diritti dell’uomo , dalla dichiarazione universale dei diritti dell’uomo , dal preambolo della dichiarazione dei diritti del fanciullo
In realtà , tali norme si traducono in generiche proclamazioni di principio , che non solo non prevalgono rispetto a disposizioni con esse confliggenti , ma neppure prendono in considerazione il problema del contrasto tra le une e le altre .
Autentica aria fritta .
Ora , se i fautori dell’estensione ai concepiti della capacità giuridica e della portata dell’art. 1 c.c. intendono migliorare sul piano dottrinario la condizione di feti ed embrioni , la loro iniziativa è senz’altro lodevole .
Ma se con tale operazione si intende contrastare in un qualche modo il fenomeno dell’aborto , tale atteggiamento non può che essere consapevolmente propagandistico o semplicemente ispirato da ignoranza giuridica .
L’art. 462 del nostro codice civile prevede che “ sono capaci di succedere tutti coloro che sono nati o concepiti al tempo dell’apertura della successione “ , tempo coincidente con il decesso della persona della cui eredità si tratta ex art. 456 c.c. .
In particolare , il secondo comma di tale disposizione precisa che “ salvo prova contraria , si presume concepito al tempo dell’apertura della successione chi è nato entro i trecento giorni dalla morte della persone della cui successione si tratta “ .
Una vera e propria capacità giuridica a livello successorio , giacché la capacità giuridica implica proprio l’attitudine ad essere titolare di diritti .
E se è vero che il nostro codice civile è entrato in vigore nel 1942 , è evidente a chiunque che l’art. 462 non ha impedito che 36 anni dopo si verificasse l’entrata in vigore della L. 194 .
Questo perché la tutela della vita del concepito può essere realizzata solo a livello costituzionale , oltreché penale , a nulla rilevando interventi di carattere civilistico , che taluni ritengono acrobaticamente idonei a produrre effetti sulla L. 194 .
Come ho più volte sottolineato , tale legge non sarebbe mai potuta rimanere in vigore in presenza di un riconoscimento costituzionale del diritto alla vita , che , secondo logica , avrebbe dovuto essere inserito nell’àmbito dei diritti inviolabili riconosciuti dall’art. 2 della Carta .
Un’ipotesi più sofisticata poteva essere rappresentata dall’attribuzione al Presidente della Repubblica di un diritto di veto sulle leggi contrastanti con i diritti del non elettore ( categoria in cui rientra il concepito ) , in quanto tale non in grado di incidere sulla composizione del Parlamento che quelle leggi emana .
Un diritto di veto vincolante e ripetibile , a differenza di quello generale di rinvio alle Camere riconosciuto al Capo dello Stato in sede di promulgazione dall’art. 74 della Costituzione .
In assenza di ciò , il nostro ordinamento ci fornisce il solo strumento referendario per contrastare quella legge , frutto della teoria della libera soppressione del concepito , uno strumento democratico e non violento a differenza di quelli forzatamente utilizzati per contrastare l’applicazione di analoghe teorie che hanno funestato la storia anche recente dell’umanità .
Teorie implicanti il radicale annientamento e la totale svalutazione della persona di fronte agli interessi economici e di comodo di altri soggetti .
E l’equiparazione del concepito alla persona è già conseguenza dell’oggettiva circostanza che la vita di ciascuno di noi è stata resa possibile da due condizioni : il concepimento , per l’appunto , e l’assenza di eventi letali durante la gravidanza , tra i quali quello di gran lunga casisticamente più ricorrente è l’aborto volontario .
Sarebbe opportuno che coloro che in buona fede intendono opporsi alla legislazione abortista vigente nel nostro paese fossero consapevoli della persistente esclusività della via percorsa 30 anni fa dal Movimento della Vita , in un’epoca profondamente diversa da quella attuale , in quanto fortemente ideologicizzata in senso favorevole ai disvalori sottesi alla 194 e caratterizzata dal diffuso indottrinamento esercitato sul cittadino-elettore dal partito di appartenenza .
E sarebbe opportuno che costoro non prestassero involontariamente il loro contributo ( con un approccio alla materia puramente culturale e sterile ) a quelle forze politiche che adottano la linea delle “ strizzate d’occhio “ all’elettore , senza assumere la benché minima iniziativa concreta conforme ai valori che sostengono di condividere .
Da quel mio lontano articolo del 18-7-2009 abbiamo percorso un significativo tratto di strada , il più arduo , perché occorreva rompere il ghiaccio , dopo un trentennio caratterizzato dalla rassegnazione e dall’ibernazione di coerenti valori antiaboristi , al limite solo genericamente evocati in forma poco più che simbolica , senza un effettivo progetto che andasse al di là della mera denuncia della piaga dell’interruzione volontaria di gravidanza .
Ora dobbiamo adoperarci affinché crescano ulteriormente le adesioni a questa iniziativa , da raccogliere sul sito www.no194.org , come detto , con le modalità precisate sotto “ Aderisci ! “ , perché la difficile battaglia per ottenere una reale tutela giuridica alla vita del più debole possa essere combattuta nel modo più efficace , consentendoci di affrontare con successo le incombenze contemplate dalla normativa referendaria .

Pietro Guerini – Portavoce nazionale no194

Pubblicato sul numero del 31-1-2011 di www.riscossacristiana.it

Lascia un commento

NUOVO REFERENDUM ABROGATIVO IN MATERIA DI ABORTO : L. 194 E LA FALSA QUESTIONE DEL VUOTO NORMATIVO

Al fine di disincentivare qualsiasi critica o attacco alla legge 194 si ricorre ad una svariata serie di argomentazioni , che spaziano dal fatalistico al fantasioso .

Le argomentazioni fatalistiche operano per lo più a livello psicologico e mirano ad alimentare il terreno fertile della pigrizia , del pessimismo e della rassegnazione , esprimendosi nella convinzione che ormai il diritto all’aborto sia ineluttabilmente acquisito come tale nella coscienza popolare .

Il che può indurre molti soggetti critici verso il fenomeno abortivo a sentirsi comunque con la coscienza a posto , in quanto l’adesione ad iniziative in linea con le loro convinzioni dovrebbe ritenersi del tutto inutile .

Con le argomentazioni fantasiose , viceversa , si prospettano anche ostacoli oggettivi e assoluti (come tali , non puramente probabilistici) che blinderebbero la legalizzazione dell’interruzione volontaria di gravidanza , spesso confidando in mala fede nella mancata conoscenza di nozioni tecniche che non può che riguardare coloro che non hanno una formazione specifica al riguardo .

Una tematica particolarmente sofisticata diffusa dagli illuminati ed emancipati difensori del diritto di sopprimere un concepito è rappresentata dalla presunta intangibilità formale della 194 , in quanto legge essenziale a scongiurare un vuoto normativo .

Taluni , poi , aggiungono che senza la 194 si potrebbe praticare l’aborto libero ( come se ciò già in pratica non avvenisse , stante il contenuto della legge ed il clima di lassismo diffuso che essa ha introdotto ) .

Premetto che ho già sottolineato ( ad esempio nel pezzo pubblicato il 31-1-2010 ) come la formulazione dei quesiti referendari debba essere circostanziata e tener presente la necessità di scongiurare censure formali da parte della Corte Costituzionale .

Non a caso , già dal primo articolo ( da cui è poi nato il sito www.no194.org attraverso il quale si può aderire all’iniziativa ) con il quale ho inteso farmi promotore di un nuovo referendum abrogativo della l. 194 , quello pubblicato su www.ledestrabergamo.it il 18-7-2009 , sito che mi ha gentilmente ospitato nonostante non fossi iscritto a quel ( come a nessun altro ) partito , auspicavo l’abrogazione delle norme “ più significative “ di quella legge .

L’abrogazione totale della legge , quindi , a prescindere dalla sua condivisibilità sostanziale , può non essere opportuna per ragioni formali , stante il pericolo di una declaratoria d’inammissibilità della consultazione .

In particolare , vi è il timore che la Consulta possa subire condizionamenti ( in astratto sempre possibili ) soprattutto di natura politico-giornalistica , alimentati dalle lobbies interessate al fenomeno abortivo , che vanifichino gli sforzi della nostra iniziativa .

Ciò premesso , la tesi della non ammissibilità in sé di un referendum abrogativo totale si fonda per lo più sulle sentenze della stessa Corte nn. 45-49 del 2005 .

Sino a tali decisioni , l’ammissibilità di un referendum di portata integrale veniva escluso per tre categorie di leggi : quelle a contenuto costituzionalmente vincolato , quelle implementanti una tutela minima ad un principio costituzionale e , quale subspecie di quest’ultime , quelle costituzionalmente necessarie ( che riproducono princìpi costituzionali nel solo modo costituzionalmente consentito o che , se abrogate , priverebbero di rilievo un principio o un organo costituzionale ) .

La legge 194 non rientra , all’evidenza, in nessuna delle tre categorie indicate .

Ora , con le pronunce ora menzionate si è sostenuta la non ammissibilità di un referendum abrogativo totale della legge sulla procreazione medicalmente assistita e sono stati , di contro , ammessi quattro referendum di abrogazione parziale , escludendo in modo espresso che le disposizioni di legge del quesito potessero ritenersi a contenuto costituzionalmente vincolato , senza citare neppure le altre due categorie .

Ebbene , la Consulta , nella pronuncia n. 45 , sembra aver introdotto un quarto motivo di inammissibilità , ritenendo non totalmente abrogabile per via referendaria una legge che “assicuri un livello minimo di tutela legislativa“ , quindi semplicemente “legislativa“ e non più “costituzionale“ .

Oggetto del divieto , dunque , sarebbe una legge qualunque essa sia .

Proprio a questo precedente fanno riferimento coloro che intendono negare la praticabilità di un referendum abrogativo totale della 194 , in realtà incorrendo in un clamoroso errore ( se in buona fede ) o ricorrendo ad una palese menzogna ( se in mala fede ) .

Occorre tener presente che la l. 40 sulla procreazione medicalmente assistita è intervenuta , essa sì , a colmare un vuoto normativo , essendo stata la prima ed unica normativa di settore entrata in vigore nel nostro paese .

Il che non può dirsi per la 194 in materia di aborto .

A convincersene è sufficiente leggere l’art. 22 della stessa 194 , con il quale si abrogano espressamente articoli di legge precedenti , segnatamente il titolo X del libro II del codice penale , nonché il n. 3 ) del primo comma ed il n. 5 ) del secondo comma dell’art. 583 c.p. .

Il fenomeno in oggetto , dunque , era già disciplinato , in sede penale .

Con il titolo X del libro II del codice penale , in particolare , si puniva il reato di aborto .

A seguito dell’abrogazione di tale titolo , sono oggi puniti il maltrattamento di animali e di cose altrui ( sotto forma di danneggiamento ) , come l’inquinamento dell’aria ( che può implicare la commissione di reati ambientali ) , ma non la soppressione ( evento estremo , totale ed irreparabile ) di un concepito , che viene così relegato ad uno stato inferiore rispetto a quello di un cane , di una sedia altrui o di mera aria  , che vengono viceversa tutelati giuridicamente .

Non a caso Emma Bonino può dichiarare che embrione e feto equivalgono ad una linfa ( liquido chiaro , lattescente che circola nei vasi linfatici ) .   

Quanto alla soppressione dei beni non altrui , essa può comunque creare problemi maggiori rispetto a quella di un concepito , legati al compimento di possibili reati ambientali per il loro smaltimento .  

Coerentemente con tale configurazione del concepito , sono stati pure abrogati , come detto , il n. 3) del primo comma ed il n. 5) del secondo comma dell’art. 583 c.p. , che contemplavano come aggravanti del delitto di lesioni le circostanze che la persona offesa fosse una donna incinta e che dal fatto fossero derivati l’acceleramento del parto o l’aborto della persona offesa .     

Quindi , un eventuale referendum abrogativo totale della legge non implicherebbe nessun vuoto normativo , ma la restaurazione della normativa preesistente , che già non equiparava a tutti gli effetti e sino in fondo il concepito ad un qualsiasi essere umano , poiché , analogamente a quanto ancor oggi previsto per l’infanticidio commesso dalla madre immediatamente dopo il parto in condizioni di abbandono ( art. 578 c.p. ) , il reato di aborto era distinto rispetto a quello di omicidio doloso e la pena era decisamente inferiore a quella prevista per tale ultimo delitto . 

E quindi , a maggior ragione , nessun aborto libero , giacché tale pratica verrebbe , all’opposto , sanzionata .

Ad ogni buon conto , essendomi rappresentato sin dall’origine dell’iniziativa il problema in oggetto ed i rischi di una sua strumentalizzazione , ho da subito individuato ed indicato l’oggetto del referendum in più quesiti , relativi ciascuno a singole disposizioni della 194 , a partire dagli artt. 4 e 5 , attorno ai quali si registra un notevole dissenso .

Come ricordato , in particolare , in base ad un sondaggio Eurispes del 2006 :

-il 73,7% degli italiani si dichiara contrario all’art. 4 circa l’ammissione dell’interruzione volontaria di gravidanza nei primi 90 giorni per mere ragioni economiche , morali e sociali ;

-il 78% dei nostri connazionali , in dissenso con l’art. 5 , non condivide che la decisione abortiva possa essere presa in via esclusiva dalla donna , anche se coniugata , senza che il potenziale padre abbia il diritto di essere anche solo informato della sua decisione .    

E , non a caso , i quesiti in materia di fecondazione medicalmente assistita aventi come oggetto singole disposizione della l. 40 sono stati ammessi , senza che la questione del vuoto normativo assumesse alcun decisivo rilievo .

Nessuna sopraggiunta ( rispetto alla prima consultazione referendaria del 1981 ) preclusione formale , dunque , osta all’iniziativa referendaria .

Nell’ambito della quale si potrebbe anche prevedere la formulazione aggiuntiva di un quesito abrogativo totale , che sarebbe però a rischio di inammissibilità per le ragioni sopra ricordate .

Quesito abrogativo totale che , tra l’altro , farebbe salva anche l’adozione di una normativa analoga a quella irlandese ( aborto ammesso solo in caso di pericolo di vita della madre , il che casisticamente si verifica in una percentuale insignificante sugli aborti totali ) , considerata l’applicabilità in tal caso della causa di giustificazione comune di cui all’art. 54 c.p. , rappresentata dallo stato di necessità .

A tale ultima disposizione , a mio avviso , si dovrebbe aggiungere un comma specifico in materia , onde offrire alla donna una tutela legislativa e non rimessa agli orientamenti giurisprudenziali .

Il rischio ( considerati gli auspicati effetti abrogativi sull’art. 5 ) sarebbe rappresentato dall’eventualità che un padre possa decidere della vita della madre del proprio figlio per ragioni di gravidanza , in palese violazione , tra l’altro , con il principio di eguaglianza di cui all’art. 3 della Costituzione .

Ricordo , infine , che , a seguito degli interventi della Consulta sull’art. 39 della legge 352 del 1970, un successo referendario e , comunque , l’emanazione di una legge per evitare la consultazione , vincolerebbero il Parlamento ad emettere modifiche legislative in linea con i principi ispiratori dell’iniziativa abrogativa .

Modifiche legislative neppure tentate nel corso di oltre 32 anni dall’entrata in vigore della 194 , da un classe parlamentare molto sensibile agli interessi di comodo degli elettori e per nulla interessata agli interessi vitali dei concepiti , che elettori non sono .

Ecco perché la via referendaria è l’unica praticabile per attaccare la legge di cui trattasi .

Via percorrendo la quale potrebbero conseguirsi ( a seguito di un’unilaterale azione del Parlamento) anche risultati intermedi ( di natura legislativa e diretti a rendere più restrittiva l’attuale disciplina ) rispetto a quello abrogativo , che costituisce , peraltro e comunque , l’unico obiettivo di questa iniziativa , del tutto estranea a squallidi patteggiamenti fatti sulla pelle del nostro prossimo .     

 

 

 

Pietro Guerini – Portavoce nazionale no194

pubblicato su www.riscossacristiana.it nel numero del 31-12-2010

Lascia un commento

NUOVO REFERENDUM ABROGATIVO DELLA L. 194 : ABORTO E QUESTIONE DEMOGRAFICA

Il nostro paese si colloca al 219° posto su 221 al mondo come tasso di natalità , in base ai dati più recenti , aggiornati al 1 gennaio 2009 e relativi all’anno 2008  .

Un tasso , in particolare , pari a 8,18 nati ogni mille abitanti .

L’Italia si colloca all’ultimo posto a livello europeo ( nel 2009 la fecondità nazionale è stata di 1,41 figli per donna , molto al di sotto della soglia di 2,1 che permette la costanza della popolazione ) , di poco preceduta dalla Germania .

Al primo posto della classifica continentale per tasso di natalità troviamo l’Irlanda .

Il paese delle Americhe meno prolifico è il Canada ( 191° posto ) .

La nazione più feconda ( 53sima ) tra quelle Sudamericane è il Paraguay .

Come si può notare , la diverse tendenze non dipendono da fattori latitudinari .

Si potrebbe teorizzare la decisiva incidenza di fattori economici .

La tesi , ovviamente , non è del tutto infondata , se è vero che agli ultimi due posti troviamo Giappone e Hong Kong e che la classifica è dominata dai paesi africani , con l’inserimento al quarto posto dell’Afghanistan .

Il fattore economico , peraltro , produce effetti anche di segno opposto , legati al fenomeno dell’immigrazione e non solo .

Non si spiegherebbe altrimenti il boom demografico italiano ( strettamente autoctono ) degli anni sessanta , contestuale al boom economico .

In buona sostanza , la tendenza alla proliferazione non appare decisivamente condizionata dalle condizioni economiche di un paese , in quanto essa può essere non solo inversamente , ma anche direttamente proporzionale alla prosperità dello stesso .

Esclusa la rilevanza decisiva di fattori latitudinari ed economici , credo si possa sostenere l’importanza del ruolo assunto dalle ragioni culturali , religiose e legislative .

La mentalità di un popolo , condizionata pure da convinzioni religiose , si esprime anche sotto il profilo demografico .

Sul piano legislativo , le politiche sociali adottate dai singoli governi producono sicuramente degli effetti sulla natalità .

Un esempio virtuoso è rappresentato dalla Francia , secondo paese dell’UE nella graduatoria in oggetto , non solo a seguito dell’alto tasso di immigrazione che la riguarda , ma anche per la sensibilità dei governi locali sul tema , essendo pacifico che i sussidi statali rappresentano un incentivo alla procreazione .

Ma l’incidenza legislativa demograficamente rilevante non si limita alle politiche sociali , interessando anche il fenomeno dell’aborto .

Taluni , peraltro solo su determinate problematiche , tra cui quella dell’interruzione volontaria di gravidanza , teorizzano una concezione dello Stato riduttiva , asseritamente moderna , secondo la quale esso dovrebbe solo prendere atto delle tendenze anche di comodo presenti nella società , senza affermare principi che potrebbero essere percepiti come invasivi , se non oppressivi .

Lo Stato come un notaio dovrebbe limitarsi a registrare le volontà dei presenti , mediando le singole istanze con la diligenza ed il buon senso del padre di famiglia .

In caso contrario , esso si configurerebbe come un despota , autoritario ed etico .

Non solo , ma come ricordato , la terza carica del nostro Stato , Presidente di uno dei due rami del Parlamento , illuminato dal più vivido laicismo , ha cercato più volte di farci comprendere come le leggi non debbano recepire princìpi o precetti religiosi ( cfr per tutti il discorso pronunciato a Monopoli 13-5-2009 ) .

Il che significa che un parlamentare cattolico dovrebbe spogliarsi delle proprie convinzioni religiose nell’atto di legiferare , al fine di svolgere rettamente il suo dovere di fronte al proprio paese .

Ora , tale concezione è , anzitutto , contraddittoria , tanto da essere , per l’appunto , affermata solo con riferimento ad alcune tematiche , come quella abortiva .

Non si spiegherebbero altrimenti ( se non con tale contraddittorietà ) le copiose prescrizioni normative che vengono emesse nei campi più disparati , quali espressioni ( più che legittime ) dell’autorità statuale .            

Le imposizioni fiscali non sono frutto di una trattativa svoltasi in concreto tra Stato e cittadino , in quanto il contribuente è destinatario di unilaterali disposizioni provenienti dall’autorità .

In secondo luogo , in taluni casi la concertazione è addirittura impossibile in astratto .

E’ proprio il caso della legislazione abortista , risultante di un dibattito svoltosi in assenza della parte vittima dell’interruzione volontaria di gravidanza .

E , tra l’altro , chi nel nostro paese , confutando e denunciando tale normativa , invoca il rispetto di elementari principi di civiltà se non direttamente religiosi , tende ad essere considerato un ottuso seguace di regole parasuperstiziose che ha delegato la propria funzione intellettiva al Vaticano .

In realtà , lo Stato , nel momento stesso in cui emana un precetto normativo , svolge implicitamente una funzione educativa e pedagogica , preclusa solo in una comunità anarchica .

Lo Stato indica al cittadino ciò che può e non può fare , ciò che deve e non deve fare , esattamente come una confessione religiosa , anche se la portata delle sue disposizioni opera in un ambìto parzialmente differente .

Parzialmente , perché , per ricorrere ad un esempio banale , l’art. 624 c.c. , con il quale si persegue il reato di furto , coincide addirittura con un comandamento .  

E a considerazioni non del tutto differenti ( per usare una formula il più possibile ecumenica ) porta la disciplina abortista , che peraltro attiene alla vita umana e non alla mera tutela del patrimonio .

Ecco che le scelte politico-legislative incidono anche sulle caratteristiche demografiche di un paese e ciò non solo mediante interventi di carattere assistenziale , ma pure con disposizioni attinenti alla condizione dei concepiti .

Disposizioni con le quali ( come avviene di regola ) lo Stato , almeno implicitamente , afferma principi ai quali i cittadini debbono attenersi .

Non è certo un caso che Irlanda e Paraguay , in base alla statistica sopra evocata al vertice nei rispettivi continenti come tasso di natalità , hanno adottato una legislazione particolarmente restrittiva in materia abortista , tanto da essere collocabili nella seconda fascia ( su otto ) secondo la classificazione effettuata nel pezzo pubblicato nel numero del 31-1-2010 , in quanto l’interruzione volontaria di gravidanza viene considerata legale in quegli ordinamenti giuridici solo in caso di pericolo di vita della madre .

La nostra legislazione , all’opposto , come noto prevede :

a ) che la gravidanza possa essere legalmente interrotta nei primi 90 giorni anche per mere ragioni economiche , morali e sociali ( art. 4 L. 194/78 ) ;

b ) che la decisione possa essere assunta dalla donna unilateralmente , anche all’insaputa del potenziale padre , persino se coniugato con essa ( art. 5 della legge medesima ) .

Una disciplina resa possibile dalla mancata previsione da parte dei costituenti e dei legislatori successivi :

a ) di un diritto alla nascita , che avrebbe dovuto essere inserito tra quelli inviolabili di cui all’art. 2 della Carta e che avrebbe legittimato e legittimerebbe un intervento della Corte Costituzionale avverso la 194 e leggi analoghe ;

b ) di un diritto di veto ( vincolante e ripetibile , a differenza della facoltà generale riconosciuta dall’art. 74 Cost. ) da parte del Presidente della Repubblica nei confronti di leggi contrarie ai diritti dei non elettori , soggetti dal cui consenso i Parlamentari non dipendono , ed ispirate agli interessi di comodo degli elettori .

Ed una disciplina da travolgere necessariamente per via referendaria , stante l’inerzia del nostro Parlamento , che ha implicitamente dimostrato una grossa sensibilità verso gli interessi di comodo degli elettori e nessuna considerazione nei riguardi degli interessi vitali dei concepiti , che elettori non sono .

Via referendaria che si è invocata dopo un trentennio con quell’articolo apparso il 18-7-2009 su www.ladestrabergamo.it , che ci ha gentilmente ospitato , a cui è seguita il 28-9-2009 la costituzione del sito www.no194.org , il primo sorto in Italia con quello scopo dopo il primo referendum del lontano 1981 .

Tale invocazione è frutto non solo della consapevolezza dell’esclusività formale dello strumento referendario in ottica abrogativa , ma anche delle differenti e più favorevoli condizioni rispetto ad un trentennio fa , già per la progressiva emancipazione del cittadino dalle rigide direttive di partito e per il mutato quadro politico .

Non a caso , in base ad un sondaggio Eurispes del 2006 :

-il 73,7% degli italiani si è dichiarato contrario alla legalizzazione dell’aborto nei primi 90 giorni di gravidanza per mere ragioni economiche , morali e sociali ( in contrasto con il citato art. 4 della L. 194 ) ;

-il 78% dei nostri connazionali ha espresso il proprio dissenso circa l’esclusività della decisione abortiva riconosciuta in capo alla donna dalla disposizione successiva ( art. 5 ) .

Ecco che l’iniziativa da noi intrapresa è senz’altro , in primo luogo , finalizzata ad affermare il diritto di nascere , offrendo tutela agli ultimi .

Non solo , ma attraverso di essa si vuol preventivamente far sorgere un effettivo dibattito attorno al tema dell’aborto , sul quale è calata una cappa di silenzio da un trentennio , sporadicamente interrotta da sterili dibattiti tra chi difende il presunto sacro ed inviolabile diritto di scelta della donna di interrompere la gravidanza e chi denuncia l’aborto ma ritiene altrettanto sacra la legge che sancisce tale diritto , opponendosi a qualsiasi tentativo di effettiva abrogazione o di semplice revisione .   

Ma , infine , considerato il numero di aborti legalmente effettuati in Italia dall’entrata in vigore della 194 ( ufficialmente quasi 5 milioni e mezzo , secondo i dati del Ministero della Salute ) , atteso l’insufficiente tasso nazionale di natalità , dimostrata la peraltro evidente incidenza della normativa in oggetto sullo sviluppo demografico di uno Stato ,  l’azione referendaria ( una volta esperita in concreto ) oggettivamente si muoverebbe pure nella direzione di dare un futuro al nostro paese .

Futuro al quale non dimostra di attribuire rilevanza uno Stato che non tutela la vita dei propri figli .

 

Avv. Pietro Guerini

(articolo apparso su www.riscossacristiana.it il 30 Novembre 2010)

Lascia un commento

NUOVO REFERENDUM ABROGATIVO DELLA L. 194 : ABORTO ED EUTANASIA

S’intende per eutanasia la morte provocata , in forma attiva ( attraverso la somministrazione di farmaci ) o passiva ( mediante l’interruzione o l’omissione di un trattamento medico necessario per la sopravvivenza ) , volontariamente ( allorché segue ad una richiesta esplicita dell’interessato capace di intendere e di volere o mediante testamento biologico ) o non volontariamente ( quando la decisione viene assunta da soggetto espressamente designato a decidere per conto di un individuo in stato di incoscienza o incapacità mentale tale da precludere una scelta consapevole ) . 

Sotto il profilo legislativo nazionale , non possono considerarsi eutanasia né la terapia del dolore (ravvisabile nell’ipotesi che il medico intenda alleviare le sofferenze del paziente mediante la somministrazione di analgesici ) , né il rifiuto dell’accanimento terapeutico ( che si ha allorché il medico , nei casi di morte ritenuta imminente e inevitabile , interrompe o rifiuta cure ritenute gravose o inutili ) , né la cessazione delle cure dopo la diagnosi di morte cerebrale .

Premetto doverosamente che la trattazione del tema impone un enorme rispetto nei confronti dei drammi vissuti dagli interessati e dai rispettivi parenti .   

Personalmente , dal punto di vista morale , valuto negativamente ogni forma di eutanasia , attiva e passiva , volontaria e non , ancorché esse vadano distinte nettamente sotto il profilo giuridico .

Quanto all’eutanasia passiva e volontaria , essa è equiparabile ad ogni effetto al suicidio .

Suicidio che , con riferimento al diretto interessato , non è punibile giuridicamente nell’unica ipotesi in cui ciò astrattamente potrebbe avvenire , vale a dire nel caso del tentativo ( ovviamente , non si può punire un suicida ) .

In tale tipo di eutanasia vengono impropriamente fatti rientrare casi in cui il paziente non sia competente sul piano cognitivo per poter prendere la decisione o in cui egli non abbia un’adeguata comprensione delle opzioni e delle loro conseguenze .

A favore dell’eutanasia passiva e volontaria si sostiene generalmente che la libertà del singolo deve comprendere la disposizione della propria vita , a cui nessuno potrebbe sostituirsi . 

Conformemente a tale principio , l’art. 32 della Costituzione sottolinea come “ nessuno possa essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge “ , ciò anche se è indispensabile per la sua sopravvivenza . 

Circa l’eutanasia non volontaria e/o attiva , è evidente la sua equiparabilità all’omicidio .

Figura nella quale , anzitutto , è già riconducibile il suicidio assistito , che si ha allorché al suicida vengano forniti i mezzi e le competenze necessari per porre in essere il gesto estremo , condotta che integra il reato di istigazione o aiuto al suicidio , previsto e punito dall’art. 580 c.p ( che implica una pena edittale dai 5 ai 12 anni ) .

Il nostro ordinamento prevede , poi , la specifica e più grave incriminazione per l’omicidio del consenziente ( di cui all’art. 579 c.p. , punito con una pena edittale dai 6 ai 15 anni ) , reato minore rispetto all’omicidio doloso puro e semplice ( art. 575 c.p. ) .

Delitto , questo , del quale , peraltro , risponde colui che abbia commesso il fatto contro un minore o un incapace o un soggetto il cui consenso sia stato estorto con inganno , violenza , minaccia o suggestione .   

Ritengo che un’interpretazione restrittiva della equiparabilità citata tra eutanasia non volontaria e/o attiva e omicidio non sia giustificabile .

Credo , anche in conformità della versione originale del giuramento di Ippocrate , che occorra mettere in primo piano la vita del paziente e , quindi , anche il ricorso alla ragionevole sperimentazione di nuovi trattamenti ed a cure palliative .

Giustificabile può essere l’uso di analgesici , per trattare il dolore , anche qualora comportino , come effetto secondario e non desiderato , l’accorciamento della vita del paziente e la sospensione , dietro richiesta del paziente , di procedure mediche che risultino onerose , pericolose , straordinarie o sproporzionate rispetto ai risultati attesi , vale a dire che configurino accanimento terapeutico .  Una posizione , questa , confermata peraltro dai paragrafi 2277 , 2278 , 2279 del Catechismo .

Ma , in ogni caso , le cure ordinariamente dovute all’ammalato , come l’idratazione e la nutrizione artificiale , non possono essere sospese qualora si preveda come conseguenza la morte del paziente per fame e per sete .

Il che configura una vera e propria eutanasia per omissione .

Come noto , a seguito della richiesta di Eluana Englaro di sospendere ogni terapia , un decreto della Corte d’appello di Milano , confermato in Cassazione , ha stabilito l’interruzione del trattamento di sostegno vitale artificiale realizzato mediante alimentazione e idratazione , impartendo disposizioni accessorie circa il protocollo da seguire nell’attuazione dell’interruzione del trattamento .

Tra queste , oltre la sospensione dell’erogazione di presidi medici collaterali , anche la somministrazione di sedativi e antiepilettici .  

Il caso Englaro deve ritenersi un caso scolastico di come la decisione circa l’esistenza in vita di un essere umano possa essere incredibilmente delegata a terzi .

In assenza , tra l’altro , di scritti di provenienza della povera Eluana , si è attribuito carattere legittimo alla decisione del padre dell’interessata , eletto non a caso a “ padre ideale “ dall’attuale Presidente della Camera , massimo esponente dell’ateismo militante nazionale .

Tale princìpio è contrario alla sacralità della vita dal concepimento alla morte naturale ( proclamata sino ad un decennio fa dallo stesso Fini , allora già cinquantenne ) che costituisce , a mio avviso , un dogma assoluto ed il caposaldo di un paese realmente civile .

Dogma del quale l’attuale normativa in materia di aborto rappresenta un’analoga , gravissima violazione .

Analogamente , infatti , tale normativa delega ad un terzo il potere di decidere sulla vita di un altro individuo .

Di individuo si tratta , se è vero che ciascuno di noi esiste per la ricorrenza di due condizioni , il concepimento e l’assenza di eventi interruttivi della gravidanza , tra i quali l’interruzione volontaria della stessa rappresenta il caso nettamente più frequente sul piano casistico .      

Il terzo , nella fattispecie , è rappresentato dalla madre , alla quale viene attribuito il potere di decidere della vita del proprio figlio ( nella maggior parte dei casi , della propria figlia ) come se questi non fosse una persona , ma un oggetto di sua esclusiva proprietà .

A tale pacifica conclusione si giunge allorché si consideri che l’art. 4 della L. 194/78 consente alla donna di interrompere la gravidanza nei primi 90 giorni anche per mere ragioni economiche , morali e sociali e che l’articolo successivo attribuisce alla stessa il potere di coinvolgere nella sua decisione il padre solo se essa lo voglia , anche se coniugata .  

Una deriva che addirittura si rischia di estendere , attraverso interventi legislativi che potrebbero introdurre forme più o meno esplicite di eutanasia , nell’ambito di una progressiva relativizzazione del valore della vita , e che anzi va stroncata in radice , proprio nell’ottica di un recupero di tale valore ed in considerazione delle aberranti prospettive che tale via potrebbe implicare , giustificando la soppressione di ulteriori individui ritenuti non meritevoli di tutela .

Lo stessa normativa in materia di testamento biologico , per quanto ispirata a logiche anche condivisibili , s’incentra su una dichiarazione resa da un soggetto spesso in piena salute , che nulla può prevedere in ordine a come reagirebbe qualora la sua vita dovesse essere realmente in pericolo , tanto più se inconsapevole dei rimedi medici applicabili , a maggior ragione se inimmaginabili (perché intervenuti successivamente) al momento di quella (magari datata e mai aggiornata) dichiarazione .

Proprio l’esigenza di sottrarre la vita a decisioni in suo spregio che potessero essere assunte legalmente da terzi e di porre fine all’esistenza di un categoria giuridica di individui ritenuti non meritevoli di tutela ha ispirato la nuova iniziativa referendaria contro la 194 .

Iniziativa che ho introdotto il 18-7-2009 con la pubblicazione su www.ladestrabergamo.it dell’articolo che ho poi recepito nella prima delle tre parti del manifesto originario della stessa (riportato sul sito www.no194.org il 28-9-2009 , giorno della sua costituzione , ed allegato nel suo file storico al mio pezzo pubblicato nel numero del 31-1-2010 di questa rivista) .

Un’iniziativa che partiva dalla consapevolezza che la via abrogativa referendaria fosse ( come è ) l’unica praticabile per travolgere la legislazione abortista italiana , alla luce delle caratteristiche del nostro ordinamento .

Ciò considerati il pericolo ( in realtà sopravvalutato ) di impopolarità che presentano nuovi interventi legislativi anche solo restrittivi in materia agli occhi dei nostri parlamentari e la mancata previsione da parte dei costituenti e dei legislatori successivi :

a ) di un diritto alla nascita , che avrebbe dovuto essere inserito tra quelli inviolabili di cui all’art. 2 della Carta e che avrebbe legittimato e legittimerebbe un intervento della Corte Costituzionale avverso la 194 e leggi analoghe ;

b ) di un diritto di veto ( vincolante e ripetibile , a differenza della facoltà generale riconosciuta dall’art. 74 Cost. ) da parte del Presidente della Repubblica nei confronti di leggi contrarie ai diritti dei non elettori , soggetti dal cui consenso i Parlamentari non dipendono , ed ispirate agli interessi di comodo degli elettori .

Azione che trova oggi i presupposti per essere esercitata positivamente , stante , anzitutto , il mutato quadro politico rispetto alla lontana legislatura che partorì quella normativa , con i partiti di sinistra ( suoi accaniti sostenitori ) crollati da quasi il 50% al 32 % , in base ai dati dell’ultima consultazione nazionale generale ( quella rappresentata dalle elezioni europee del 2009 ) .

Una prospettiva rafforzata dalla pacifica e progressiva emancipazione dell’opinione pubblica dalle indicazioni delle forze politiche , assai considerate un trentennio fa .  

E non è un caso che in base ad un sondaggio Eurispes del 2006 :

-il 73,7% degli italiani non condivide che possa essere legalmente consentita l’interruzione volontaria della gravidanza nei primi 90 giorni per mere ragioni economiche , morali e sociali , come dispone il citato art. 4 della 194 ;

-il 78% dei nostri connazionali esprime il proprio dissenso al potere esclusivo in ordine alla decisione abortiva che l’art. 5 della legge conferisce alla donna , anche se coniugata .

La nuova operazione referendaria , dunque , va perseguita senz’altro con la coscienza delle difficoltà che discendono dall’ostilità ad essa della quasi totalità del sistema partitico , che si riflette nell’ambito parlamentare , ma anche con la consapevolezza delle potenzialità in termini di consenso di base di cui essa può usufruire .  

L’obiettivo deve inequivocabilmente essere quello di ottenere l’abrogazione di quella disciplina .

Ma tra i risultati intermedi , va sicuramente configurato il superamento del falso dibattito che ha caratterizzato questo trentennio , svolto tra coloro che difendono il diritto di scelta della madre e coloro che , incoerentemente , denunciano il fenomeno abortivo ( con finalità per lo più elettoralistiche ) , ma si oppongono ad una anche semplice revisione della 194 .

Quest’ultimo fronte rappresenta così un deleterio e fuorviante punto di riferimento per le fasce dell’opinione pubblica potenzialmente sensibili ad una politica abrogazionista , un punto di riferimento che produce effetti ben più dannosi rispetto a quelli riconducibili all’orientamento di segno opposto ( distinguibile nella sua dichiarata avversità ad un patrimonio di valori ispirato alla difesa della vita ) , in quanto induce la collettività tutta ad accettare lo “ status quo “ , a considerare l’attuale normativa come ineluttabile , definitiva ed intoccabile , più della Costituzione e dei comandamenti ( che pur per i cattolici dovrebbero avere un qualche significato ) . 

Occorre sostituire in tale puramente formale dibattito questo secondo presunto contraddittore con una reale controparte , dotata di un progetto concreto , serio e coerente con lo sdegno che esprime verso un fenomeno tragico come quello in oggetto .    

Il tutto in spregio all’inconcludenza ed all’enunciazione di tesi fine a se stessa , nella coscienza e convinzione della non negoziabilità della vita di un essere umano .   

Al di là del valore negativo che moralmente assume il suicidio in tutte le sue forme , che ciascuno giuridicamente possa decidere a riguardo solo della propria vita e che a ciascuno , per l’effetto , venga negato il diritto di poter decidere su quella altrui .

 

Avv. Pietro Guerini

(articolo apparso su www.riscossacristiana.it il 31 Ottobre 2010)

Lascia un commento

NUOVO REFERENDUM ABROGATIVO DELLA L. 194 : ABORTO E LIBERALISMO

Nel dibattito sorto attorno alla 194 , i sostenitori di questa legge si sono frequentemente appellati al rispetto dei diritti civili , consacrati dal liberalismo .

Quante volte abbiamo udito Pannella ergersi a paladino di quei diritti ed annoverare tra le proprie vittorie a tutela degli stessi le normative sull’aborto , sul divorzio etc ? 

Il liberalismo è la dottrina che ha permeato la concezione moderna dello Stato , non a caso definito come Stato liberale , storicamente frutto del successo della borghesia contro i privilegi aristocratici tutelati dalle monarchie assolute , in un conflitto sviluppatosi a partire dalla fine del XVIII secolo .

L’affermazione dei principi fondamentali del liberalismo , peraltro , ha origini senz’altro anteriori e ( a scanso di equivoci sulla forma di Stato ) non repubblicane , se pensiamo che la prima monarchia costituzionale al mondo fu quella inglese , risalente alla fine del secolo precedente , e che essa attuava per la prima volta la tipica forma di governo del liberalismo classico . 

Tale dottrina , anzitutto , si caratterizza , da un lato , per la legittimazione della volontà popolare espressa in termini maggioritari ( anche se la sua traduzione sotto forma di democrazia fu lenta e graduale ) e , dall’altro , per il rispetto comunque delle minoranze .

Inoltre , attraverso di essa si riconoscono ed affermano le libertà individuali dei cittadini e l’eguaglianza di quest’ultimi tra di loro .

Un secolo prima della rivoluzione francese , il filosofo inglese John Locke fondava questo principio egalitario sulla teoria contrattualistica , secondo la quale nello Stato di natura tutti gli uomini sono uguali ed esercitano i propri diritti naturali .

Diritti naturali espressamente individuati in libertà , uguaglianza , proprietà e vita .   

E diritti che vennero sostanzialmente recepiti dalla cultura illuministica , cultura che taluni ( da più parti ) insistono nel contrapporre ai valori cristiani .

Un atteggiamento , questo , determinato , su un versante , dalla mortificazione della religione ad espressione di ignoranza oscurantista e , sul versante opposto , dall’enfatizzazione di meri fenomeni degenerativi dell’illuminismo .

Fenomeni , peraltro , non trascurabili , pensiamo al dispotismo illuminato di Voltaire , alla democrazia diretta ( non rappresentativa e non garantista verso le minoranze ) di Rousseau , alle implicazioni sanguinarie della rivoluzione francese ( che Popper poneva all’origine dei totalitarismi del 900 ) , all’ateistica assolutizzazione della ragione e dello scientismo .

In realtà ed in generale , la contrapposizione tra principi liberali e cristiani , a mio avviso , può essere ravvisata solo sulla base di visioni distorte di essi , al di là delle differenze esistenti tra le due culture ( si consideri , ad esempio , la particolare e maggiore sensibilità cristiana verso i corpi intermedi e i rapporti solidaristici ) .

Come si può non cogliere il carattere egalitario del messaggio cristiano , teso ad esaltare da duemila anni ( ben prima dell’avvento del liberalismo o dell’illuminismo ) l’uomo nella sua essenza , al di là della propria condizione ( sociale o altro ) ?

E come si può ritenere estranea al pensiero cristiano l’esaltazione della fratellanza tra gli uomini ?            

Ancora , come si può concepire in senso antilibertario una dottrina religiosa ( quella cattolica , in particolare ) che accompagna all’ovvia affermazione di precetti la centralità del libero arbitrio ?

La stessa laicità ( di cui tanto si straparla , come sottolineato in dettaglio nel mio pezzo allegato al numero del 31-3-2010 ) , che si considera diffusamente un corollario del liberalismo , si fonda su una separazione tra Stato e Chiesa che riprende quel “ Diamo a Cesare quel che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio “ proclamato addirittura da Gesù Cristo .     

Anche per questi motivi , quando il 18-7-2009 pubblicai su www.ladestrabergamo.it l’articolo da cui ha avuto origine l’iniziativa referendaria ( che ho poi recepito nella prima delle tre parti del manifesto originario della stessa , riportato sul sito www.no194.org il giorno della sua costituzione , il 28-9-2009 , ed allegato nel suo file storico al mio pezzo del numero del 31-1-2010 di questa rivista ) partivo da una visione fortemente critica della 194 e del fenomeno abortivo senz’altro agevolata dalla fede religiosa , ma non esaurita da essa .

Il mio approccio di fondo alla questione aborto ed alla normativa che lo disciplina è essenzialmente basato sui principi generali dell’ordinamento giuridico , non sui vangeli , sulle encicliche o su un comandamento ( “ Non uccidere “ ) , che non a caso non cito mai pur nel loro rispetto e nella loro condivisione e nonostante sia orgogliosamente cattolico .

Principi generali dell’ordinamento giuridico che , a loro volta , si ispirano essenzialmente proprio ai dettami essenziali del liberalismo .

Ed è l’ideologo più profondo di tale dottrina e , comunque , il suo precursore , John Locke , che , come detto , ha indicato nella vita ( oltreché nella libertà , uguaglianza e proprietà ) uno dei diritti naturali dell’individuo .

Il diritto alla vita è oggettivamente il diritto naturale fondamentale in assoluto , che rende tutti gli uomini uguali , anche coloro che non sono titolari di proprietà o di ricchezza , e che è prodromico ad ogni altro diritto , giacché la precondizione per esercitare un diritto è quella di poter nascere .

Che senso ha celebrare e tutelare le libertà di domicilio , di riservatezza , di circolazione , di riunione , di associazione , di manifestazione del pensiero se alla base non vi è il riconoscimento del diritto alla nascita ?

Un diritto radicalmente e oggettivamente leso nel momento in cui si legalizza , ai sensi dell’art. 4 della 194 , la soppressione di un concepito nei primi 90 giorni di gravidanza senza alcuna motivazione e nel momento in cui è pacifico che ciascuno di noi è nato per la ricorrenza di due condizioni : il concepimento e l’assenza di eventi letali durante la gravidanza , tra i quali la sua interruzione volontaria è quello casisticamente più frequente .

Non a caso il nostro ordinamento riconosce al concepito la titolarità di diritti successori .  

Diritto alla nascita che avrebbe dovuto essere espressamente menzionato tra quelli inviolabili riconosciuti dall’art. 2 della Carta , quale presupposto del principio di eguaglianza , affermato dalla disposizione successiva , e di tutti gli altri diritti , trattati nelle norme seguenti .

Con quel riconoscimento costituzionale , come ho avuto modo di precisare , leggi come la 194 non avrebbero potuto superare l’invocato vaglio della Consulta .        

Quanto meno , più sofisticatamente , i costituenti avrebbero potuto attribuire al Capo dello Stato , in sede di promulgazione , un diritto di veto ripetibile e vincolante ( al contrario di quanto previsto dall’art. 74 della Carta ) per il Parlamento sulle leggi nelle quali egli ravvisasse una lesione di diritti dei non elettori ( soggetti dai quali i Parlamentari non dipendono ) , quali i concepiti sono . 

Lesione assoluta e letale , nel nostro caso , poiché estrinsecantesi nella legittimazione della loro soppressione .

Ecco che il liberalismo , purtroppo , viene nella fattispecie deformato nell’esaltazione del più forte , al liberale riconoscimento dei cui diritti consegue per legge l’espressa negazione ( illiberale per antonomasia ) del diritto di base di coloro che non hanno voce , all’insegna del “ Chi tardi arriva non alloggia “ .

E’ davvero arduo ravvisare , sotto tale profilo , un elemento distintivo tra lo Stato liberale ed una qualsiasi dittatura dispotica , in quanto le argomentazioni contrarie appaiono decisamente fragili .

Nessuno potrà mai spiegare in modo convincente come possa essere giustificato il diritto esclusivo di una donna di sopprimere la figlia senza alcuna motivazione durante i primi 90 giorni di gravidanza , come tale diritto non si traduca nella prevaricazione ai danni della più debole e come esso sia compatibile con il principio di eguaglianza .

Nessuno , poi , potrebbe mai argomentare con successo le ragioni per le quali , sempre nel rispetto del princìpio di eguaglianza , il diritto alla nascita non andrebbe esteso al maschio .

Così come nessuno può considerare rispettosa di tale princìpio la negazione ( derivante dall’art. 5 della 194 ) del diritto del potenziale padre di intervenire sulla decisione abortiva , né persino di essere  informato di essa , e ciò anche nell’ipotesi che la gestante sia sua moglie .

Di qui la necessità per chiunque sia animato dal rispetto dei valori di libertà , di eguaglianza , di fratellanza , di difesa dei diritti civili di attivarsi per l’abrogazione della normativa in oggetto . 

Perché ciò avvenga , l’unica via praticabile è quella referendaria .

Questo non solo in conseguenza delle carenze costituzionali citate , che stanno alla base della vigenza di tale normativa , ma anche per l’atteggiamento inerte della classe politica e parlamentare , teso a non adottare iniziative a favore dei concepiti ( non elettori ) che possano assumere carattere impopolare in relazione agli interessi di comodo degli elettori , dal consenso dei quali essi dipendono .

Elettori sempre nel nome del cui consenso i parlamentari cosiddetti cattolici si limitano ad esprimere di tanto in tanto sulla 194 riserve generiche , stucchevoli , di assoluta irrilevanza concreta e giuridica , senza che essi abbiano di fatto mai depositato in questo trentennio , successivo al primo referendum ( risalente al 17 maggio 1981 ) , un misero disegno di legge in materia con finalità revisionistiche in senso restrittivo .

Una via , quella referendaria , che va intrapresa con la finalità di superare quegli ostacoli che si frappongono alla traduzione in voto abrogativo del forte , crescente dissenso di merito che circonda la legge in oggetto .

Come ho già ricordato , in particolare , in base ad un sondaggio Eurispes ( istituto sulla cui attendibilità nessuno può sollevare dubbi ) del 2006 :

-il 73,7% degli italiani non condivide la liceità dell’interruzione volontaria di gravidanza per mere ragioni economiche , morali e familiari , come previsto dall’art. 4 della 194 per i primi 90 giorni ;

-il 78% dei nostri connazionali ritiene del tutto ingiustificato che la decisione abortiva possa essere assunta solo dalla donna , senza che il padre ( anche se marito della stessa ) abbia il diritto neppure di essere informato della decisione , in linea , come or ora ricordato , con quanto dispone l’art. 5 della legge medesima .     

Una legge in forza della quale si può introdurre in commercio una pillola abortiva ( la Ru 486 ) , relegando tale introduzione a mera operazione di competenza non del Parlamento ( in quanto la legge già esiste ) ma di una commissione farmacologica .

Ed una legge per contrapporsi efficacemente alla quale occorre scongiurare e respingere qualsiasi tentativo di strumentalizzazione , diretto a configurare l’iniziativa referendaria come oltranzista ed illiberale , quasi fosse una crociata fuori dal tempo .

E’ proprio il liberalismo ( alla pari del cristianesimo ) che ci insegna a difendere i soggetti più deboli ( a garanzia dei quali deve operare uno Stato di diritto , che pone la legge al di sopra di tutte le istituzioni ) ed a reagire ai soprusi compiuti contro gli stessi .

E’ proprio il liberalismo ( alla pari del cristianesimo ) che , come detto , indica nella vita un diritto naturale ed inviolabile .

Ed è proprio il liberalismo ( alla pari del cristianesimo ) che pone l’individuo , con la sua dignità , al centro della società , contro ogni sopraffazione , riduzione in schiavitù e , anzitutto , contro ogni tentativo di sua soppressione .

In tale ottica , la fede cattolica favorisce senz’altro una corretta comprensione del fenomeno abortivo , illuminando le nostre menti e consentendoci , tra l’altro , di cogliere nitidamente le contraddizioni della normativa che lo disciplina ( ammettendolo di fatto indiscriminatamente ) con gli stessi princìpi di fondo del liberalismo .

Non a caso le normative più restrittive vigenti in materia sono state adottate da nazioni di tradizione cattolica ( come evidenziato in dettaglio nel mio articolo pubblicato nel numero del 31-1-2010 su www.lariscossacristiana.com ) .

Ma ( nel rispetto delle specifiche posizioni individuali ) i princìpi e le argomentazioni della nostra battaglia non possono essere considerati di per sé frutto della rigida ed acritica adesione ad una dottrina religiosa , bensì stanno più in generale alla base della nostra civiltà .

Una conclusione che è , del resto , in linea con le tesi sostenute in questi decenni dalle menti più illuminate del cosiddetto pensiero laico .       

 

Avv. Pietro Guerini

(articolo apparso su www.riscossacristiana.it il 31 Luglio 2010)

Lascia un commento