Archive for Dicembre, 2010

NUOVO REFERENDUM ABROGATIVO DELLA L. 194 : ABORTO E QUESTIONE DEMOGRAFICA

Il nostro paese si colloca al 219° posto su 221 al mondo come tasso di natalità , in base ai dati più recenti , aggiornati al 1 gennaio 2009 e relativi all’anno 2008  .

Un tasso , in particolare , pari a 8,18 nati ogni mille abitanti .

L’Italia si colloca all’ultimo posto a livello europeo ( nel 2009 la fecondità nazionale è stata di 1,41 figli per donna , molto al di sotto della soglia di 2,1 che permette la costanza della popolazione ) , di poco preceduta dalla Germania .

Al primo posto della classifica continentale per tasso di natalità troviamo l’Irlanda .

Il paese delle Americhe meno prolifico è il Canada ( 191° posto ) .

La nazione più feconda ( 53sima ) tra quelle Sudamericane è il Paraguay .

Come si può notare , la diverse tendenze non dipendono da fattori latitudinari .

Si potrebbe teorizzare la decisiva incidenza di fattori economici .

La tesi , ovviamente , non è del tutto infondata , se è vero che agli ultimi due posti troviamo Giappone e Hong Kong e che la classifica è dominata dai paesi africani , con l’inserimento al quarto posto dell’Afghanistan .

Il fattore economico , peraltro , produce effetti anche di segno opposto , legati al fenomeno dell’immigrazione e non solo .

Non si spiegherebbe altrimenti il boom demografico italiano ( strettamente autoctono ) degli anni sessanta , contestuale al boom economico .

In buona sostanza , la tendenza alla proliferazione non appare decisivamente condizionata dalle condizioni economiche di un paese , in quanto essa può essere non solo inversamente , ma anche direttamente proporzionale alla prosperità dello stesso .

Esclusa la rilevanza decisiva di fattori latitudinari ed economici , credo si possa sostenere l’importanza del ruolo assunto dalle ragioni culturali , religiose e legislative .

La mentalità di un popolo , condizionata pure da convinzioni religiose , si esprime anche sotto il profilo demografico .

Sul piano legislativo , le politiche sociali adottate dai singoli governi producono sicuramente degli effetti sulla natalità .

Un esempio virtuoso è rappresentato dalla Francia , secondo paese dell’UE nella graduatoria in oggetto , non solo a seguito dell’alto tasso di immigrazione che la riguarda , ma anche per la sensibilità dei governi locali sul tema , essendo pacifico che i sussidi statali rappresentano un incentivo alla procreazione .

Ma l’incidenza legislativa demograficamente rilevante non si limita alle politiche sociali , interessando anche il fenomeno dell’aborto .

Taluni , peraltro solo su determinate problematiche , tra cui quella dell’interruzione volontaria di gravidanza , teorizzano una concezione dello Stato riduttiva , asseritamente moderna , secondo la quale esso dovrebbe solo prendere atto delle tendenze anche di comodo presenti nella società , senza affermare principi che potrebbero essere percepiti come invasivi , se non oppressivi .

Lo Stato come un notaio dovrebbe limitarsi a registrare le volontà dei presenti , mediando le singole istanze con la diligenza ed il buon senso del padre di famiglia .

In caso contrario , esso si configurerebbe come un despota , autoritario ed etico .

Non solo , ma come ricordato , la terza carica del nostro Stato , Presidente di uno dei due rami del Parlamento , illuminato dal più vivido laicismo , ha cercato più volte di farci comprendere come le leggi non debbano recepire princìpi o precetti religiosi ( cfr per tutti il discorso pronunciato a Monopoli 13-5-2009 ) .

Il che significa che un parlamentare cattolico dovrebbe spogliarsi delle proprie convinzioni religiose nell’atto di legiferare , al fine di svolgere rettamente il suo dovere di fronte al proprio paese .

Ora , tale concezione è , anzitutto , contraddittoria , tanto da essere , per l’appunto , affermata solo con riferimento ad alcune tematiche , come quella abortiva .

Non si spiegherebbero altrimenti ( se non con tale contraddittorietà ) le copiose prescrizioni normative che vengono emesse nei campi più disparati , quali espressioni ( più che legittime ) dell’autorità statuale .            

Le imposizioni fiscali non sono frutto di una trattativa svoltasi in concreto tra Stato e cittadino , in quanto il contribuente è destinatario di unilaterali disposizioni provenienti dall’autorità .

In secondo luogo , in taluni casi la concertazione è addirittura impossibile in astratto .

E’ proprio il caso della legislazione abortista , risultante di un dibattito svoltosi in assenza della parte vittima dell’interruzione volontaria di gravidanza .

E , tra l’altro , chi nel nostro paese , confutando e denunciando tale normativa , invoca il rispetto di elementari principi di civiltà se non direttamente religiosi , tende ad essere considerato un ottuso seguace di regole parasuperstiziose che ha delegato la propria funzione intellettiva al Vaticano .

In realtà , lo Stato , nel momento stesso in cui emana un precetto normativo , svolge implicitamente una funzione educativa e pedagogica , preclusa solo in una comunità anarchica .

Lo Stato indica al cittadino ciò che può e non può fare , ciò che deve e non deve fare , esattamente come una confessione religiosa , anche se la portata delle sue disposizioni opera in un ambìto parzialmente differente .

Parzialmente , perché , per ricorrere ad un esempio banale , l’art. 624 c.c. , con il quale si persegue il reato di furto , coincide addirittura con un comandamento .  

E a considerazioni non del tutto differenti ( per usare una formula il più possibile ecumenica ) porta la disciplina abortista , che peraltro attiene alla vita umana e non alla mera tutela del patrimonio .

Ecco che le scelte politico-legislative incidono anche sulle caratteristiche demografiche di un paese e ciò non solo mediante interventi di carattere assistenziale , ma pure con disposizioni attinenti alla condizione dei concepiti .

Disposizioni con le quali ( come avviene di regola ) lo Stato , almeno implicitamente , afferma principi ai quali i cittadini debbono attenersi .

Non è certo un caso che Irlanda e Paraguay , in base alla statistica sopra evocata al vertice nei rispettivi continenti come tasso di natalità , hanno adottato una legislazione particolarmente restrittiva in materia abortista , tanto da essere collocabili nella seconda fascia ( su otto ) secondo la classificazione effettuata nel pezzo pubblicato nel numero del 31-1-2010 , in quanto l’interruzione volontaria di gravidanza viene considerata legale in quegli ordinamenti giuridici solo in caso di pericolo di vita della madre .

La nostra legislazione , all’opposto , come noto prevede :

a ) che la gravidanza possa essere legalmente interrotta nei primi 90 giorni anche per mere ragioni economiche , morali e sociali ( art. 4 L. 194/78 ) ;

b ) che la decisione possa essere assunta dalla donna unilateralmente , anche all’insaputa del potenziale padre , persino se coniugato con essa ( art. 5 della legge medesima ) .

Una disciplina resa possibile dalla mancata previsione da parte dei costituenti e dei legislatori successivi :

a ) di un diritto alla nascita , che avrebbe dovuto essere inserito tra quelli inviolabili di cui all’art. 2 della Carta e che avrebbe legittimato e legittimerebbe un intervento della Corte Costituzionale avverso la 194 e leggi analoghe ;

b ) di un diritto di veto ( vincolante e ripetibile , a differenza della facoltà generale riconosciuta dall’art. 74 Cost. ) da parte del Presidente della Repubblica nei confronti di leggi contrarie ai diritti dei non elettori , soggetti dal cui consenso i Parlamentari non dipendono , ed ispirate agli interessi di comodo degli elettori .

Ed una disciplina da travolgere necessariamente per via referendaria , stante l’inerzia del nostro Parlamento , che ha implicitamente dimostrato una grossa sensibilità verso gli interessi di comodo degli elettori e nessuna considerazione nei riguardi degli interessi vitali dei concepiti , che elettori non sono .

Via referendaria che si è invocata dopo un trentennio con quell’articolo apparso il 18-7-2009 su www.ladestrabergamo.it , che ci ha gentilmente ospitato , a cui è seguita il 28-9-2009 la costituzione del sito www.no194.org , il primo sorto in Italia con quello scopo dopo il primo referendum del lontano 1981 .

Tale invocazione è frutto non solo della consapevolezza dell’esclusività formale dello strumento referendario in ottica abrogativa , ma anche delle differenti e più favorevoli condizioni rispetto ad un trentennio fa , già per la progressiva emancipazione del cittadino dalle rigide direttive di partito e per il mutato quadro politico .

Non a caso , in base ad un sondaggio Eurispes del 2006 :

-il 73,7% degli italiani si è dichiarato contrario alla legalizzazione dell’aborto nei primi 90 giorni di gravidanza per mere ragioni economiche , morali e sociali ( in contrasto con il citato art. 4 della L. 194 ) ;

-il 78% dei nostri connazionali ha espresso il proprio dissenso circa l’esclusività della decisione abortiva riconosciuta in capo alla donna dalla disposizione successiva ( art. 5 ) .

Ecco che l’iniziativa da noi intrapresa è senz’altro , in primo luogo , finalizzata ad affermare il diritto di nascere , offrendo tutela agli ultimi .

Non solo , ma attraverso di essa si vuol preventivamente far sorgere un effettivo dibattito attorno al tema dell’aborto , sul quale è calata una cappa di silenzio da un trentennio , sporadicamente interrotta da sterili dibattiti tra chi difende il presunto sacro ed inviolabile diritto di scelta della donna di interrompere la gravidanza e chi denuncia l’aborto ma ritiene altrettanto sacra la legge che sancisce tale diritto , opponendosi a qualsiasi tentativo di effettiva abrogazione o di semplice revisione .   

Ma , infine , considerato il numero di aborti legalmente effettuati in Italia dall’entrata in vigore della 194 ( ufficialmente quasi 5 milioni e mezzo , secondo i dati del Ministero della Salute ) , atteso l’insufficiente tasso nazionale di natalità , dimostrata la peraltro evidente incidenza della normativa in oggetto sullo sviluppo demografico di uno Stato ,  l’azione referendaria ( una volta esperita in concreto ) oggettivamente si muoverebbe pure nella direzione di dare un futuro al nostro paese .

Futuro al quale non dimostra di attribuire rilevanza uno Stato che non tutela la vita dei propri figli .

 

Avv. Pietro Guerini

(articolo apparso su www.riscossacristiana.it il 30 Novembre 2010)

Lascia un commento

NUOVO REFERENDUM ABROGATIVO DELLA L. 194 : ABORTO ED EUTANASIA

S’intende per eutanasia la morte provocata , in forma attiva ( attraverso la somministrazione di farmaci ) o passiva ( mediante l’interruzione o l’omissione di un trattamento medico necessario per la sopravvivenza ) , volontariamente ( allorché segue ad una richiesta esplicita dell’interessato capace di intendere e di volere o mediante testamento biologico ) o non volontariamente ( quando la decisione viene assunta da soggetto espressamente designato a decidere per conto di un individuo in stato di incoscienza o incapacità mentale tale da precludere una scelta consapevole ) . 

Sotto il profilo legislativo nazionale , non possono considerarsi eutanasia né la terapia del dolore (ravvisabile nell’ipotesi che il medico intenda alleviare le sofferenze del paziente mediante la somministrazione di analgesici ) , né il rifiuto dell’accanimento terapeutico ( che si ha allorché il medico , nei casi di morte ritenuta imminente e inevitabile , interrompe o rifiuta cure ritenute gravose o inutili ) , né la cessazione delle cure dopo la diagnosi di morte cerebrale .

Premetto doverosamente che la trattazione del tema impone un enorme rispetto nei confronti dei drammi vissuti dagli interessati e dai rispettivi parenti .   

Personalmente , dal punto di vista morale , valuto negativamente ogni forma di eutanasia , attiva e passiva , volontaria e non , ancorché esse vadano distinte nettamente sotto il profilo giuridico .

Quanto all’eutanasia passiva e volontaria , essa è equiparabile ad ogni effetto al suicidio .

Suicidio che , con riferimento al diretto interessato , non è punibile giuridicamente nell’unica ipotesi in cui ciò astrattamente potrebbe avvenire , vale a dire nel caso del tentativo ( ovviamente , non si può punire un suicida ) .

In tale tipo di eutanasia vengono impropriamente fatti rientrare casi in cui il paziente non sia competente sul piano cognitivo per poter prendere la decisione o in cui egli non abbia un’adeguata comprensione delle opzioni e delle loro conseguenze .

A favore dell’eutanasia passiva e volontaria si sostiene generalmente che la libertà del singolo deve comprendere la disposizione della propria vita , a cui nessuno potrebbe sostituirsi . 

Conformemente a tale principio , l’art. 32 della Costituzione sottolinea come “ nessuno possa essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge “ , ciò anche se è indispensabile per la sua sopravvivenza . 

Circa l’eutanasia non volontaria e/o attiva , è evidente la sua equiparabilità all’omicidio .

Figura nella quale , anzitutto , è già riconducibile il suicidio assistito , che si ha allorché al suicida vengano forniti i mezzi e le competenze necessari per porre in essere il gesto estremo , condotta che integra il reato di istigazione o aiuto al suicidio , previsto e punito dall’art. 580 c.p ( che implica una pena edittale dai 5 ai 12 anni ) .

Il nostro ordinamento prevede , poi , la specifica e più grave incriminazione per l’omicidio del consenziente ( di cui all’art. 579 c.p. , punito con una pena edittale dai 6 ai 15 anni ) , reato minore rispetto all’omicidio doloso puro e semplice ( art. 575 c.p. ) .

Delitto , questo , del quale , peraltro , risponde colui che abbia commesso il fatto contro un minore o un incapace o un soggetto il cui consenso sia stato estorto con inganno , violenza , minaccia o suggestione .   

Ritengo che un’interpretazione restrittiva della equiparabilità citata tra eutanasia non volontaria e/o attiva e omicidio non sia giustificabile .

Credo , anche in conformità della versione originale del giuramento di Ippocrate , che occorra mettere in primo piano la vita del paziente e , quindi , anche il ricorso alla ragionevole sperimentazione di nuovi trattamenti ed a cure palliative .

Giustificabile può essere l’uso di analgesici , per trattare il dolore , anche qualora comportino , come effetto secondario e non desiderato , l’accorciamento della vita del paziente e la sospensione , dietro richiesta del paziente , di procedure mediche che risultino onerose , pericolose , straordinarie o sproporzionate rispetto ai risultati attesi , vale a dire che configurino accanimento terapeutico .  Una posizione , questa , confermata peraltro dai paragrafi 2277 , 2278 , 2279 del Catechismo .

Ma , in ogni caso , le cure ordinariamente dovute all’ammalato , come l’idratazione e la nutrizione artificiale , non possono essere sospese qualora si preveda come conseguenza la morte del paziente per fame e per sete .

Il che configura una vera e propria eutanasia per omissione .

Come noto , a seguito della richiesta di Eluana Englaro di sospendere ogni terapia , un decreto della Corte d’appello di Milano , confermato in Cassazione , ha stabilito l’interruzione del trattamento di sostegno vitale artificiale realizzato mediante alimentazione e idratazione , impartendo disposizioni accessorie circa il protocollo da seguire nell’attuazione dell’interruzione del trattamento .

Tra queste , oltre la sospensione dell’erogazione di presidi medici collaterali , anche la somministrazione di sedativi e antiepilettici .  

Il caso Englaro deve ritenersi un caso scolastico di come la decisione circa l’esistenza in vita di un essere umano possa essere incredibilmente delegata a terzi .

In assenza , tra l’altro , di scritti di provenienza della povera Eluana , si è attribuito carattere legittimo alla decisione del padre dell’interessata , eletto non a caso a “ padre ideale “ dall’attuale Presidente della Camera , massimo esponente dell’ateismo militante nazionale .

Tale princìpio è contrario alla sacralità della vita dal concepimento alla morte naturale ( proclamata sino ad un decennio fa dallo stesso Fini , allora già cinquantenne ) che costituisce , a mio avviso , un dogma assoluto ed il caposaldo di un paese realmente civile .

Dogma del quale l’attuale normativa in materia di aborto rappresenta un’analoga , gravissima violazione .

Analogamente , infatti , tale normativa delega ad un terzo il potere di decidere sulla vita di un altro individuo .

Di individuo si tratta , se è vero che ciascuno di noi esiste per la ricorrenza di due condizioni , il concepimento e l’assenza di eventi interruttivi della gravidanza , tra i quali l’interruzione volontaria della stessa rappresenta il caso nettamente più frequente sul piano casistico .      

Il terzo , nella fattispecie , è rappresentato dalla madre , alla quale viene attribuito il potere di decidere della vita del proprio figlio ( nella maggior parte dei casi , della propria figlia ) come se questi non fosse una persona , ma un oggetto di sua esclusiva proprietà .

A tale pacifica conclusione si giunge allorché si consideri che l’art. 4 della L. 194/78 consente alla donna di interrompere la gravidanza nei primi 90 giorni anche per mere ragioni economiche , morali e sociali e che l’articolo successivo attribuisce alla stessa il potere di coinvolgere nella sua decisione il padre solo se essa lo voglia , anche se coniugata .  

Una deriva che addirittura si rischia di estendere , attraverso interventi legislativi che potrebbero introdurre forme più o meno esplicite di eutanasia , nell’ambito di una progressiva relativizzazione del valore della vita , e che anzi va stroncata in radice , proprio nell’ottica di un recupero di tale valore ed in considerazione delle aberranti prospettive che tale via potrebbe implicare , giustificando la soppressione di ulteriori individui ritenuti non meritevoli di tutela .

Lo stessa normativa in materia di testamento biologico , per quanto ispirata a logiche anche condivisibili , s’incentra su una dichiarazione resa da un soggetto spesso in piena salute , che nulla può prevedere in ordine a come reagirebbe qualora la sua vita dovesse essere realmente in pericolo , tanto più se inconsapevole dei rimedi medici applicabili , a maggior ragione se inimmaginabili (perché intervenuti successivamente) al momento di quella (magari datata e mai aggiornata) dichiarazione .

Proprio l’esigenza di sottrarre la vita a decisioni in suo spregio che potessero essere assunte legalmente da terzi e di porre fine all’esistenza di un categoria giuridica di individui ritenuti non meritevoli di tutela ha ispirato la nuova iniziativa referendaria contro la 194 .

Iniziativa che ho introdotto il 18-7-2009 con la pubblicazione su www.ladestrabergamo.it dell’articolo che ho poi recepito nella prima delle tre parti del manifesto originario della stessa (riportato sul sito www.no194.org il 28-9-2009 , giorno della sua costituzione , ed allegato nel suo file storico al mio pezzo pubblicato nel numero del 31-1-2010 di questa rivista) .

Un’iniziativa che partiva dalla consapevolezza che la via abrogativa referendaria fosse ( come è ) l’unica praticabile per travolgere la legislazione abortista italiana , alla luce delle caratteristiche del nostro ordinamento .

Ciò considerati il pericolo ( in realtà sopravvalutato ) di impopolarità che presentano nuovi interventi legislativi anche solo restrittivi in materia agli occhi dei nostri parlamentari e la mancata previsione da parte dei costituenti e dei legislatori successivi :

a ) di un diritto alla nascita , che avrebbe dovuto essere inserito tra quelli inviolabili di cui all’art. 2 della Carta e che avrebbe legittimato e legittimerebbe un intervento della Corte Costituzionale avverso la 194 e leggi analoghe ;

b ) di un diritto di veto ( vincolante e ripetibile , a differenza della facoltà generale riconosciuta dall’art. 74 Cost. ) da parte del Presidente della Repubblica nei confronti di leggi contrarie ai diritti dei non elettori , soggetti dal cui consenso i Parlamentari non dipendono , ed ispirate agli interessi di comodo degli elettori .

Azione che trova oggi i presupposti per essere esercitata positivamente , stante , anzitutto , il mutato quadro politico rispetto alla lontana legislatura che partorì quella normativa , con i partiti di sinistra ( suoi accaniti sostenitori ) crollati da quasi il 50% al 32 % , in base ai dati dell’ultima consultazione nazionale generale ( quella rappresentata dalle elezioni europee del 2009 ) .

Una prospettiva rafforzata dalla pacifica e progressiva emancipazione dell’opinione pubblica dalle indicazioni delle forze politiche , assai considerate un trentennio fa .  

E non è un caso che in base ad un sondaggio Eurispes del 2006 :

-il 73,7% degli italiani non condivide che possa essere legalmente consentita l’interruzione volontaria della gravidanza nei primi 90 giorni per mere ragioni economiche , morali e sociali , come dispone il citato art. 4 della 194 ;

-il 78% dei nostri connazionali esprime il proprio dissenso al potere esclusivo in ordine alla decisione abortiva che l’art. 5 della legge conferisce alla donna , anche se coniugata .

La nuova operazione referendaria , dunque , va perseguita senz’altro con la coscienza delle difficoltà che discendono dall’ostilità ad essa della quasi totalità del sistema partitico , che si riflette nell’ambito parlamentare , ma anche con la consapevolezza delle potenzialità in termini di consenso di base di cui essa può usufruire .  

L’obiettivo deve inequivocabilmente essere quello di ottenere l’abrogazione di quella disciplina .

Ma tra i risultati intermedi , va sicuramente configurato il superamento del falso dibattito che ha caratterizzato questo trentennio , svolto tra coloro che difendono il diritto di scelta della madre e coloro che , incoerentemente , denunciano il fenomeno abortivo ( con finalità per lo più elettoralistiche ) , ma si oppongono ad una anche semplice revisione della 194 .

Quest’ultimo fronte rappresenta così un deleterio e fuorviante punto di riferimento per le fasce dell’opinione pubblica potenzialmente sensibili ad una politica abrogazionista , un punto di riferimento che produce effetti ben più dannosi rispetto a quelli riconducibili all’orientamento di segno opposto ( distinguibile nella sua dichiarata avversità ad un patrimonio di valori ispirato alla difesa della vita ) , in quanto induce la collettività tutta ad accettare lo “ status quo “ , a considerare l’attuale normativa come ineluttabile , definitiva ed intoccabile , più della Costituzione e dei comandamenti ( che pur per i cattolici dovrebbero avere un qualche significato ) . 

Occorre sostituire in tale puramente formale dibattito questo secondo presunto contraddittore con una reale controparte , dotata di un progetto concreto , serio e coerente con lo sdegno che esprime verso un fenomeno tragico come quello in oggetto .    

Il tutto in spregio all’inconcludenza ed all’enunciazione di tesi fine a se stessa , nella coscienza e convinzione della non negoziabilità della vita di un essere umano .   

Al di là del valore negativo che moralmente assume il suicidio in tutte le sue forme , che ciascuno giuridicamente possa decidere a riguardo solo della propria vita e che a ciascuno , per l’effetto , venga negato il diritto di poter decidere su quella altrui .

 

Avv. Pietro Guerini

(articolo apparso su www.riscossacristiana.it il 31 Ottobre 2010)

Lascia un commento

NUOVO REFERENDUM ABROGATIVO DELLA L. 194 : ABORTO E LIBERALISMO

Nel dibattito sorto attorno alla 194 , i sostenitori di questa legge si sono frequentemente appellati al rispetto dei diritti civili , consacrati dal liberalismo .

Quante volte abbiamo udito Pannella ergersi a paladino di quei diritti ed annoverare tra le proprie vittorie a tutela degli stessi le normative sull’aborto , sul divorzio etc ? 

Il liberalismo è la dottrina che ha permeato la concezione moderna dello Stato , non a caso definito come Stato liberale , storicamente frutto del successo della borghesia contro i privilegi aristocratici tutelati dalle monarchie assolute , in un conflitto sviluppatosi a partire dalla fine del XVIII secolo .

L’affermazione dei principi fondamentali del liberalismo , peraltro , ha origini senz’altro anteriori e ( a scanso di equivoci sulla forma di Stato ) non repubblicane , se pensiamo che la prima monarchia costituzionale al mondo fu quella inglese , risalente alla fine del secolo precedente , e che essa attuava per la prima volta la tipica forma di governo del liberalismo classico . 

Tale dottrina , anzitutto , si caratterizza , da un lato , per la legittimazione della volontà popolare espressa in termini maggioritari ( anche se la sua traduzione sotto forma di democrazia fu lenta e graduale ) e , dall’altro , per il rispetto comunque delle minoranze .

Inoltre , attraverso di essa si riconoscono ed affermano le libertà individuali dei cittadini e l’eguaglianza di quest’ultimi tra di loro .

Un secolo prima della rivoluzione francese , il filosofo inglese John Locke fondava questo principio egalitario sulla teoria contrattualistica , secondo la quale nello Stato di natura tutti gli uomini sono uguali ed esercitano i propri diritti naturali .

Diritti naturali espressamente individuati in libertà , uguaglianza , proprietà e vita .   

E diritti che vennero sostanzialmente recepiti dalla cultura illuministica , cultura che taluni ( da più parti ) insistono nel contrapporre ai valori cristiani .

Un atteggiamento , questo , determinato , su un versante , dalla mortificazione della religione ad espressione di ignoranza oscurantista e , sul versante opposto , dall’enfatizzazione di meri fenomeni degenerativi dell’illuminismo .

Fenomeni , peraltro , non trascurabili , pensiamo al dispotismo illuminato di Voltaire , alla democrazia diretta ( non rappresentativa e non garantista verso le minoranze ) di Rousseau , alle implicazioni sanguinarie della rivoluzione francese ( che Popper poneva all’origine dei totalitarismi del 900 ) , all’ateistica assolutizzazione della ragione e dello scientismo .

In realtà ed in generale , la contrapposizione tra principi liberali e cristiani , a mio avviso , può essere ravvisata solo sulla base di visioni distorte di essi , al di là delle differenze esistenti tra le due culture ( si consideri , ad esempio , la particolare e maggiore sensibilità cristiana verso i corpi intermedi e i rapporti solidaristici ) .

Come si può non cogliere il carattere egalitario del messaggio cristiano , teso ad esaltare da duemila anni ( ben prima dell’avvento del liberalismo o dell’illuminismo ) l’uomo nella sua essenza , al di là della propria condizione ( sociale o altro ) ?

E come si può ritenere estranea al pensiero cristiano l’esaltazione della fratellanza tra gli uomini ?            

Ancora , come si può concepire in senso antilibertario una dottrina religiosa ( quella cattolica , in particolare ) che accompagna all’ovvia affermazione di precetti la centralità del libero arbitrio ?

La stessa laicità ( di cui tanto si straparla , come sottolineato in dettaglio nel mio pezzo allegato al numero del 31-3-2010 ) , che si considera diffusamente un corollario del liberalismo , si fonda su una separazione tra Stato e Chiesa che riprende quel “ Diamo a Cesare quel che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio “ proclamato addirittura da Gesù Cristo .     

Anche per questi motivi , quando il 18-7-2009 pubblicai su www.ladestrabergamo.it l’articolo da cui ha avuto origine l’iniziativa referendaria ( che ho poi recepito nella prima delle tre parti del manifesto originario della stessa , riportato sul sito www.no194.org il giorno della sua costituzione , il 28-9-2009 , ed allegato nel suo file storico al mio pezzo del numero del 31-1-2010 di questa rivista ) partivo da una visione fortemente critica della 194 e del fenomeno abortivo senz’altro agevolata dalla fede religiosa , ma non esaurita da essa .

Il mio approccio di fondo alla questione aborto ed alla normativa che lo disciplina è essenzialmente basato sui principi generali dell’ordinamento giuridico , non sui vangeli , sulle encicliche o su un comandamento ( “ Non uccidere “ ) , che non a caso non cito mai pur nel loro rispetto e nella loro condivisione e nonostante sia orgogliosamente cattolico .

Principi generali dell’ordinamento giuridico che , a loro volta , si ispirano essenzialmente proprio ai dettami essenziali del liberalismo .

Ed è l’ideologo più profondo di tale dottrina e , comunque , il suo precursore , John Locke , che , come detto , ha indicato nella vita ( oltreché nella libertà , uguaglianza e proprietà ) uno dei diritti naturali dell’individuo .

Il diritto alla vita è oggettivamente il diritto naturale fondamentale in assoluto , che rende tutti gli uomini uguali , anche coloro che non sono titolari di proprietà o di ricchezza , e che è prodromico ad ogni altro diritto , giacché la precondizione per esercitare un diritto è quella di poter nascere .

Che senso ha celebrare e tutelare le libertà di domicilio , di riservatezza , di circolazione , di riunione , di associazione , di manifestazione del pensiero se alla base non vi è il riconoscimento del diritto alla nascita ?

Un diritto radicalmente e oggettivamente leso nel momento in cui si legalizza , ai sensi dell’art. 4 della 194 , la soppressione di un concepito nei primi 90 giorni di gravidanza senza alcuna motivazione e nel momento in cui è pacifico che ciascuno di noi è nato per la ricorrenza di due condizioni : il concepimento e l’assenza di eventi letali durante la gravidanza , tra i quali la sua interruzione volontaria è quello casisticamente più frequente .

Non a caso il nostro ordinamento riconosce al concepito la titolarità di diritti successori .  

Diritto alla nascita che avrebbe dovuto essere espressamente menzionato tra quelli inviolabili riconosciuti dall’art. 2 della Carta , quale presupposto del principio di eguaglianza , affermato dalla disposizione successiva , e di tutti gli altri diritti , trattati nelle norme seguenti .

Con quel riconoscimento costituzionale , come ho avuto modo di precisare , leggi come la 194 non avrebbero potuto superare l’invocato vaglio della Consulta .        

Quanto meno , più sofisticatamente , i costituenti avrebbero potuto attribuire al Capo dello Stato , in sede di promulgazione , un diritto di veto ripetibile e vincolante ( al contrario di quanto previsto dall’art. 74 della Carta ) per il Parlamento sulle leggi nelle quali egli ravvisasse una lesione di diritti dei non elettori ( soggetti dai quali i Parlamentari non dipendono ) , quali i concepiti sono . 

Lesione assoluta e letale , nel nostro caso , poiché estrinsecantesi nella legittimazione della loro soppressione .

Ecco che il liberalismo , purtroppo , viene nella fattispecie deformato nell’esaltazione del più forte , al liberale riconoscimento dei cui diritti consegue per legge l’espressa negazione ( illiberale per antonomasia ) del diritto di base di coloro che non hanno voce , all’insegna del “ Chi tardi arriva non alloggia “ .

E’ davvero arduo ravvisare , sotto tale profilo , un elemento distintivo tra lo Stato liberale ed una qualsiasi dittatura dispotica , in quanto le argomentazioni contrarie appaiono decisamente fragili .

Nessuno potrà mai spiegare in modo convincente come possa essere giustificato il diritto esclusivo di una donna di sopprimere la figlia senza alcuna motivazione durante i primi 90 giorni di gravidanza , come tale diritto non si traduca nella prevaricazione ai danni della più debole e come esso sia compatibile con il principio di eguaglianza .

Nessuno , poi , potrebbe mai argomentare con successo le ragioni per le quali , sempre nel rispetto del princìpio di eguaglianza , il diritto alla nascita non andrebbe esteso al maschio .

Così come nessuno può considerare rispettosa di tale princìpio la negazione ( derivante dall’art. 5 della 194 ) del diritto del potenziale padre di intervenire sulla decisione abortiva , né persino di essere  informato di essa , e ciò anche nell’ipotesi che la gestante sia sua moglie .

Di qui la necessità per chiunque sia animato dal rispetto dei valori di libertà , di eguaglianza , di fratellanza , di difesa dei diritti civili di attivarsi per l’abrogazione della normativa in oggetto . 

Perché ciò avvenga , l’unica via praticabile è quella referendaria .

Questo non solo in conseguenza delle carenze costituzionali citate , che stanno alla base della vigenza di tale normativa , ma anche per l’atteggiamento inerte della classe politica e parlamentare , teso a non adottare iniziative a favore dei concepiti ( non elettori ) che possano assumere carattere impopolare in relazione agli interessi di comodo degli elettori , dal consenso dei quali essi dipendono .

Elettori sempre nel nome del cui consenso i parlamentari cosiddetti cattolici si limitano ad esprimere di tanto in tanto sulla 194 riserve generiche , stucchevoli , di assoluta irrilevanza concreta e giuridica , senza che essi abbiano di fatto mai depositato in questo trentennio , successivo al primo referendum ( risalente al 17 maggio 1981 ) , un misero disegno di legge in materia con finalità revisionistiche in senso restrittivo .

Una via , quella referendaria , che va intrapresa con la finalità di superare quegli ostacoli che si frappongono alla traduzione in voto abrogativo del forte , crescente dissenso di merito che circonda la legge in oggetto .

Come ho già ricordato , in particolare , in base ad un sondaggio Eurispes ( istituto sulla cui attendibilità nessuno può sollevare dubbi ) del 2006 :

-il 73,7% degli italiani non condivide la liceità dell’interruzione volontaria di gravidanza per mere ragioni economiche , morali e familiari , come previsto dall’art. 4 della 194 per i primi 90 giorni ;

-il 78% dei nostri connazionali ritiene del tutto ingiustificato che la decisione abortiva possa essere assunta solo dalla donna , senza che il padre ( anche se marito della stessa ) abbia il diritto neppure di essere informato della decisione , in linea , come or ora ricordato , con quanto dispone l’art. 5 della legge medesima .     

Una legge in forza della quale si può introdurre in commercio una pillola abortiva ( la Ru 486 ) , relegando tale introduzione a mera operazione di competenza non del Parlamento ( in quanto la legge già esiste ) ma di una commissione farmacologica .

Ed una legge per contrapporsi efficacemente alla quale occorre scongiurare e respingere qualsiasi tentativo di strumentalizzazione , diretto a configurare l’iniziativa referendaria come oltranzista ed illiberale , quasi fosse una crociata fuori dal tempo .

E’ proprio il liberalismo ( alla pari del cristianesimo ) che ci insegna a difendere i soggetti più deboli ( a garanzia dei quali deve operare uno Stato di diritto , che pone la legge al di sopra di tutte le istituzioni ) ed a reagire ai soprusi compiuti contro gli stessi .

E’ proprio il liberalismo ( alla pari del cristianesimo ) che , come detto , indica nella vita un diritto naturale ed inviolabile .

Ed è proprio il liberalismo ( alla pari del cristianesimo ) che pone l’individuo , con la sua dignità , al centro della società , contro ogni sopraffazione , riduzione in schiavitù e , anzitutto , contro ogni tentativo di sua soppressione .

In tale ottica , la fede cattolica favorisce senz’altro una corretta comprensione del fenomeno abortivo , illuminando le nostre menti e consentendoci , tra l’altro , di cogliere nitidamente le contraddizioni della normativa che lo disciplina ( ammettendolo di fatto indiscriminatamente ) con gli stessi princìpi di fondo del liberalismo .

Non a caso le normative più restrittive vigenti in materia sono state adottate da nazioni di tradizione cattolica ( come evidenziato in dettaglio nel mio articolo pubblicato nel numero del 31-1-2010 su www.lariscossacristiana.com ) .

Ma ( nel rispetto delle specifiche posizioni individuali ) i princìpi e le argomentazioni della nostra battaglia non possono essere considerati di per sé frutto della rigida ed acritica adesione ad una dottrina religiosa , bensì stanno più in generale alla base della nostra civiltà .

Una conclusione che è , del resto , in linea con le tesi sostenute in questi decenni dalle menti più illuminate del cosiddetto pensiero laico .       

 

Avv. Pietro Guerini

(articolo apparso su www.riscossacristiana.it il 31 Luglio 2010)

Lascia un commento