Sabato 18 luglio 2009 fondavo da solo il Comitato NO194, finalizzato all’abrogazione per via referendaria della 194 ed alla sua sostituzione con una normativa risultante dell’approvazione di un quesito referendario abrogativo o propositivo, ove fosse stata configurata questa seconda forma referendaria nel nostro ordinamento. Scelsi questa inequivocabile denominazione per scongiurare le possibili ambiguità che caratterizzano […]
Sabato 18 luglio 2009 fondavo da solo il Comitato NO194, finalizzato all’abrogazione per via referendaria della 194 ed alla sua sostituzione con una normativa risultante dell’approvazione di un quesito referendario abrogativo o propositivo, ove fosse stata configurata questa seconda forma referendaria nel nostro ordinamento.
Scelsi questa inequivocabile denominazione per scongiurare le possibili ambiguità che caratterizzano non di rado le organizzazioni di area che ricorrono a termini generici come Vita o altri simili e che già in origine o in corso d’opera, dopo essersi esibite in scontate e banali condanne sociologico-esistenziali del fenomeno dell’aborto volontario, ne condividono del tutto contraddittoriamente la legalizzazione, giustificando se non più di frequente invocando la piena applicazione della legge che in Italia è stata approvata con tale effetto nel 1978 e nel cui vigore, secondo i dati ministeriali ufficiali, sono stati soppressi 6 milioni di individui durante la loro gestazione.
Sposai la strategia referendaria consapevole, da un lato, che il parlamento non offriva alcuna possibilità abrogativa e di introduzione del diritto di nascita con prevalenza sul diritto di scelta della donna, elemento che differenzia come da dizionario un antiabortista da un abortista, e, dall’altro, che un dibattito culturale serio e vasto nel paese in materia poteva essere conseguenza non della lettura di qualche libro, come qualche scrittore crede in modo tanto presuntuoso quanto interessato, ma dello svolgimento di un referendum, quale evento istituzionale a cui i media non potevano sottrarsi, quindi dibattito culturale e referendum dovevano e non potevano che essere contestuali.
Questa scelta, referendaria, è stata formulata costituzione alla mano e non invocando una generica abrogazione della 194 che viene effettuata da chi vive nell’astratto, non giuridico mondo delle idee ed è ignaro, tra gli altri, dei principi affermati costantemente dalla Consulta rilevanti nella questione in oggetto, quali il divieto di vuoto normativo e la non reviviscenza della normativa preesistente.
A va aggiunta la stesura di un testo (consultabile dalla home page del nostro sito no194.org dopo aver cliccato su “La nostra leggeâ€) che ho redatto in 6 articoli come sostitutivo della 194, circostanza questa che completa una posizione sottraendola alla genericità ed alla mera demagogia, che si caratterizza spesso per comodi no senza alcun contenuto propositivo, il quale ultimo fatalmente scontenta alcuni tra i meri oppositori, vuoi per ragioni di merito vuoi per ragioni caratteriali, ben diffuse in un paese come il nostro che boccia elettoralmente qualsiasi riforma costituzionale e qualsiasi governo, garantendo un’alternanza fisiologica ad ogni elezione politica dal 1994.
In questo decennio ho gestito il Comitato ispirandomi alla saggia logica del gestore di un locale, che preferisce allontanare l’avventore che si siede appoggiando i piedi sul tavolo o comunque si comporta in modo poco urbano per non perdere possibili clienti di natura diversa, a prescindere dalle conseguenze quantitative di tale scelta di fondo e mirando aggiuntivamente ad avere un gruppo di persone realmente motivate a combattere la nostra battaglia.
Ecco quindi che in questi anni sono stati messi alla porta, anzitutto, coloro a cui dei bimbi abortiti è difficile desumere che interessi qualcosa.
Penso, ad esempio, a figure che frequentano l’ambiente con la finalità di uscire dall’anonimato ricorrendo a qualsiasi pretesto coreografico e visivo per farsi immortalare da fotografi o intervistare da giornalisti, i quali o vengono pressati sino a quando non cedono per sfinimento o non attendono altro, se la coreografia o la dichiarazione è tale da poter rappresentare il pro life come un fanatico esagitato.
Penso, ancora, ai mercatini che sorgono sul tema, che comprendono gadget di svariato tipo, oggetti sacri etc., con casi di drastiche varianti sul tema.
Un giorno all’esterno del Niguarda si è infiltrato tra di noi addirittura un signore che pubblicizzava una sua finanziaria, con cui prestava denaro, che ho immediatamente segnalato alle forze dell’ordine presenti sul posto.
Il capitolo editoriale deve essere considerato in un’ottica diversa, i libri fanno cultura oltrechè rendere economicamente, anche se va da sé che i testi che riguardano la 194, che è una legge andrebbe ricordato, sono scritti al 99% non da avvocati o magistrati, quindi da persone che ignorano il diritto applicato che è l’unica materia che dovrebbero conoscere come autori sul tema, incorrendo fatalmente e nonostante, in taluni casi, l’apprezzabile impegno in inesattezze non sempre trascurabili, per usare una definizione eufemistica.
Di certo nessuno potrà estendere a noi l’accusa che viene rivolta a diverse organizzazioni di area cattolica di essere state costituite per creare un gruppo di acquirenti e venditori delle pubblicazioni del fondatore (libri, quadri, dischi), ho ricevuto un paio di offerte da case editrici, per ora rigettate in quanto quello non è il mio fine, cederei a richieste analoghe solo qualora ritenessi che ciò fosse realmente indispensabile per la divulgazione delle nostre tesi.
In secondo luogo ho indirizzato la mia attenzione a coloro che fondano il loro antiabortismo su convinzioni non proprio illuminate sul piano intellettivo, memore delle parole del Card. Martini il quale era solito ripetere “Non divido le persone tra credenti e non credenti, ma tra pensanti e non pensantiâ€.
Una categoria, quest’ultima, che egli evidentemente aveva molto ben ravvisato come presente anche tra noi cattolici.
Non è grave non conoscere il diritto, anzi è positivo giacchè in caso contrario noi legali non lavoreremmo, ma lo è per un comitato avere limiti intellettivi diffusi che rendano grottesca l’adesione ad esso.
Ho conosciuto persone convinte che una donna possa anzi debba essere costretta per legge a morire (stiamo parlando dunque di un suo grave ed accertato pericolo di Vita qualora porti a termine la gravidanza) pur di far nascere ad ogni costo un figlio, princìpio non recepito neppure nella severissima legge entrata in vigore il 16-5-2019 in Alabama che prevede sino a 99 anni di carcere per i medici che praticano aborti, che non trova riscontro giuridico neppure nei paesi talebani dove la donna non è certo molto considerata e che è scongiurato dallo stesso catechismo della Chiesa Cattolica a pag. 557, che riconosce legittima difesa e stato di necessità come eccezioni alla sacralità della Vita, trovando pronto riscontro nell’art. 49 del codice penale vaticano, relativo quindi ad uno stato nel quale significativamente il Pontefice esercita in via esclusiva la funzione legislativa.
Chiunque, ispirandosi al buon senso, del resto è agevolmente in grado di comprendere che un atto di eroismo come quello compiuto dalla donna che accetta di morire pur di far nascere un figlio non può essere imposto per legge e che una pena di morte applicata ad un’innocente non ha nulla di cristiano, non solo ma rappresenta una soluzione qualitativamente ancora più grave della 194, che consente ma non impone l’uccisione di una persona.
Chi sostiene la tesi opposta, oltre ad invocare ipocritamente per altri imposizioni a loro estranee, altrimenti non sarebbero in vita, ed alle quali non cederebbero se non a chiacchere, ben poche sono le Gianna Beretta Molla, tutte non a caso sante o beate, si ispira ad un cristianesimo che alberga solo nel proprio cervello e, in ogni caso, ricercando ogni fondamento del bene nella lettura che egli ritiene di fare delle sacre scritture, ha un approccio alla materia acritico e pericoloso sotto diversi aspetti, analogo a quello dei militanti dell’ISIS che sgozzano allegramente gli infedeli convinti, a torto o a ragione, di eseguire un precetto religioso, pur essendo consapevoli della gravità intrinseca dei loro gesti.
Per costoro sopprimere un essere umano durante la sua gestazione non è grave in sé, è grave solo perché è contro la religione a cui appartengono, quindi se avessero la (falsissima peraltro) prova di una dichiarazione di Gesù Cristo secondo cui un essere umano è tale solo con la nascita diventerebbero abortisti, quando per noi antiabortisti cattolici la contrarietà alla nostra religione deve essere considerata un’aggravante di una condotta già estremamente ed intrinsecamente negativa.
In taluni casi l’ignoranza sconfina nella blasfemia e nella bestemmia, penso a taluni appartenenti ad un gruppo mariano che sono convinti che il capo di tale organizzazione, una persona normale come tutti noi, sia il rappresentante della Madonna in terra e che sia in comunione con lo Spirito Santo, con conseguenze illimitate sotto il profilo dell’autorevolezza.
Per affrontare una battaglia giuridica e morale complessa come quella a difesa della Vita nascente non possiamo regalare la funzione intellettiva al nostro avversario, già fortissimo sul piano economico, politico e mediatico, Dio ha dato un cervello anche a noi cattolici e lo dobbiamo usare, ispirandoci anzitutto al buon senso nella stessa interpretazione dei precetti (e nella valutazione delle persone) in linea con l’approccio razionale alla fede tanto esemplarmente affermato da Benedetto XVI, in caso contrario potremmo sostituire alle parole il grugnito o il raglio d’asino che, come noto e non a caso, non sale in cielo.
Considerata per fortuna l’assenza di un antiabortismo violento, il modo peggiore per difendere le nostre posizioni è esprimere con esse un fanatismo fondato sull’ignoranza, in quanto tale agevolmente attaccabile nella sua vulnerabilità dalla controparte.
Effettuata la selezione di cui sopra, posso ben affermare di aver conosciuto in questo decennio persone ottime, anzitutto e ciò che più conta sul piano umano, che mai avrei incontrato nella mia Vita se non avessi fondato il nostro Comitato, soggetti selezionati già dalla natura stessa del nostro impegno, rivolto alla difesa delle persone più deboli, degli ultimi, coloro che non possono votare o manifestare, vittime dell’indifferenza e del conformismo culturale.
Sotto il profilo organizzativo, abbiamo aggiunto alle preghiere davanti agli ospedali i cortei, grazie ai quali ci siamo relazionati con forze, una in particolare, delle quali abbiamo potuto apprezzare la lealtà , lo spirito di militanza ed il senso di appartenenza.
Abbiamo ritenuto che la pregiudiziale antifascista non potesse e non dovesse condizionare la nostra missione, finalizzata a salvaguardare i concepiti e non ad ottenere omologazioni avulse dal tema in oggetto, quando la storia nello specifico ci insegna che il primo paese che ha legalizzato l’aborto volontario è stato nel 1921 l’URSS, che il 70% dei parlamentari che nel 1978 ha votato la 194 era stato eletto nelle liste del Pci alle elezioni politiche del 1976, che questo partito finanziò la campagna referendaria radicale nel 1981 e quando il presente ci indica anche fisicamente in coloro che appartengono a quell’area politica i nostri agguerriti avversari nelle piazze e nelle istituzioni, comprese le cosiddette femministe, che null’altro sono che il ramo femminile di quelle organizzazioni e che non rappresentano la donna, come esse dichiarano, ma la sua sottomissione all’ideologia comunista, spesso in contraddittoria adesione al boldrinismo filomussulmano, attiguo quindi ad una civiltà antifemminile.
In relazione a ciò, possiamo ben affermare che il nostro Comitato si distingue dal cattocomunismo che contrassegna la quasi totalità delle organizzazioni di area cattolica ed ha una forte matrice anticomunista, inevitabile per chiunque sia consapevolmente antiabortista e conosca le radici storico-ideologiche dell’abortismo.
Di fatto non solo il fascismo (non certo il nazismo, che ha seguito non sorprendentemente dopo pochi anni l’esempio comunista) non ha mai legalizzato l’aborto volontario né in Italia, né in Spagna, né in Cile, né altrove, ma una parte della destra radicale è estremamente sensibile alle nostre posizioni, e la circostanza che io non appartenga a tale area, essendo come noto un cattolico liberale, non può e non deve andare a detrimento degli interessi del Comitato, che è apartitico e deve collaborare con chiunque sia antiabortista e non con chi non lo è, a prescindere da quanto ciò possa essere considerato politcally correct o meno.
Chi vuol combattere la battaglia antiabortista cantando Bella Ciao si comporta come un naufrago che digiuno da settimane rifiuta un panino con il prosciutto cotto perché predilige quello crudo o come colui che respinge una ragazza solo perché tifa per una squadra di calcio diversa da quella del cuore.
Chi caccia dalle proprie manifestazioni gli esponenti antiabortisti della destra radicale e accoglie persone o gruppi che vogliono applicare la 194 organizza eventi abortisti, che non se ne renda conto o si compiaccia per l’incremento dei partecipanti ad un evento nella migliore delle ipotesi privo di identità , contraddittorio e dunque insignificante.
La nostra battaglia, di contro, viene intrapresa al fine di far prevalere, come precisato, il diritto di nascita sul diritto di scelta della donna, discrimine come da dizionario tra antiabortisti e abortisti, essendo i primi coloro che si oppongono alla legalizzazione dell’aborto volontario, mentre rientrano tra gli abortisti i pro life nel senso stretto del termine, che si limitano ad auspicare che una gravidanza si traduca in una nascita ma fatto salvo il diritto di scelta della donna, i quali negli USA vengono non a caso distinti dagli abolizionisti, quando cercai di sottolineare tale distinzione all’inizio del mio impegno appresi che in Italia essa non è compresa da tutti, il che non è peraltro grave.
Un esempio lo abbiamo avuto di recente con le dichiarazioni rese al TG5 delle ore 13 di sabato 30-3-2019 dal dott. Massimo Gandolfini, portavoce del pur lodevole congresso mondiale delle famiglie, il quale ha dichiarato testualmente, come potete sentire, anche ricorrendo al replay sul sito della rete, “La 194 è una legge dello stato (tipica premessa femminista) e va applicata dal primo all’ultimo articoloâ€, le medesime posizioni di Marco Pannella consacrate non a caso nella legge per la quale si è tanto battuto.
https://www.mediasetplay.mediaset.it/…/edizione-ore-1300-de…
Sempre dalla sua viva voce, affinchè non vengano attribuite inesistenti responsabilità ai giornalisti, rei di dare informazioni distorte, possiamo udire il concetto ribadito da Gandolfini il giorno precedente intervistato dall’emittente La7, con il sostegno del vice-portavoce dell’evento Jacopo Coghe “Mai detto nulla di questo, la ringrazio che mi dà la possibilità di ribadirlo, non vogliamo abrogare nulla, non vogliamo togliere nessun diritto, vogliamo tutelare la libertà di scelta della donnaâ€, limitandosi ad auspicare che si creino i presupposti economici affinchè essa “non si trovi costretta ad evitare la maternità â€, come se ragioni economiche possano mai “costringere†una donna ad abortire, classica tesi giustificazionista abortista, ignorando quanto meno la possibilità di dare il proprio figlio in adozione senza ucciderlo o farlo uccidere, atto che in una società civile non può che essere privo di una giustificazione che vada al di là delle scriminanti previste per legge (legittima difesa e stato di necessità ) che non si fondano ovviamente su ragioni patrimoniali:
https://www.youtube.com/watch?v=WI_y8QCa8wY
https://www.youtube.com/watch?v=zBUYLOV8PRc
Se qualche sostenitore di costoro non condivide tali posizioni se la prenda con gli interessati, che evidentemente non lo rappresentano, e non con il sottoscritto, anzi prenda atto serenamente del proprio errore di valutazione, un conto è essere solo contro l’aborto, un conto è essere a favore del diritto di nascita in prevalenza sul diritto di scelta della donna e quindi per l’abrogazione della 194.
Posizioni, del resto, condivise dall’altro organizzatore del Family Day, Mario Adinolfi, non a caso uno dei 45 fondatori del Pd, oltrechè fondatore del Popolo della Famiglia, il quale, nel suo libro Voglio la Mamma, che segna il passaggio dalla prima alla seconda fase del suo percorso politico, al capitolo 3 definisce noi antiabortisti (abrogazionisti) “oscurantisti che vogliono cacciare la donna nello strazio ulteriore dell’aborto clandestino†e dichiara, con riferimento all’aborto volontario, al quale riserva ovvie parole di condanna sul piano sociologico, che “è bene che si sia una legge che consenta di farloâ€.
https://www.facebook.com/notes/mario-adinolfi/voglio-la-mamma-cap-3-laborto-non-e-un-diritto/10152088800975944/
Ebbene sono questi gli orientamenti che più ci danneggiano, in quanto è ben più facile smentire e con argomentazioni scientifiche gli abortisti dichiarati come Bonino, che partono dal presupposto che il concepito sia un grumo di cellule, che chi dichiara che l’aborto è un atto gravissimo ma la 194 non può o non deve essere toccata, tesi del tutto contraddittoria, perché se un atto è gravissimo non deve essere legalizzato, e che crea rassegnazione nel nostro mondo.
A quest’alveo vanno pure ricondotte manifestazioni pro life organizzate da ambienti parlamentari e da un certo clero che sono finalizzate a gestire in modo gattopardesco e gradito al potere dominante spinte positive, come denunciai nel 2011 e come ha ammesso anni dopo una persona che era stata a suo tempo critica con quel mio giudizio e che aveva fatto parte del comitato organizzativo di una di esse per poi dimettersi.
Abbiamo raggiunto dopo pochi anni i 30.000 iscritti, tra i quali dal 28-5-2011 l’attuale Ministro della Famiglia Lorenzo Fontana, che aderì compilando l’apposito modulo in mia presenza, ci siamo fortificati con i divieti delle questure e gli attacchi dei media, tanto più sterili quando verificano una competenza giuridica ed un approccio razionale in materia, abbiamo acceso e tenuto vivo il dibattito sul tema della legalizzazione dell’aborto presso i media stessi e le forze politiche.
La mia ferma convinzione è che i fronti dei contrari e dei favorevoli si equivalgano, quantificabili entrambi attorno al 20%, e che il 60% degli italiani non sappia minimamente quale sia il contenuto della 194, un’enorme area di consenso sul quale si può lavorare proficuamente con competenza, con posizioni chiare nonché affidandosi al supporto di persone disinteressate e non stoltamente invasate.
Il mio vivo ringraziamento va ai nostri attivisti, proporzionalmente al loro impegno, per le ore che hanno dedicato ai nostri eventi con autentica passione.
Il mio auspicio è che il nostro Comitato possa crescere e che almeno una di quelle 8 mail che ho ricevuto in questi 10 anni da donne che mi hanno scritto che loro o le figlie si erano convinte a portare a termine la gravidanza per la mia azione sia stata scritta rappresentando la verità dei fatti e non al solo fine di incoraggiarmi a non demordere.
Avv. Pietro Guerini – Presidente nazionale Comitato NO194 ed omonima associazione